Riforma portuale sotto accusa: “E’ stato partorito un topolino”

Critici Assoporti e le istituzioni locali che si vedono scippare il potere delle nomine nelle Autorities – Velocizzati i piani regolatori e i dragaggi ma manca l’autonomia finanziaria

ROMA – Arriva la riforma portuale ma c’è chi giudica con durezza (“La montagna ha partorito il topolino”) il testo del ddl approvato a fine settimana scorsa dal consiglio dei ministri. In particolare viene evidenziato che non c’è traccia dell’autonomia finanziaria per le Port Authorities.

Nel … duello tra Matteoli e Tremonti dunque l’ha spuntata quest’ultimo, che non ha voluto concedere ai porti quel 5% delle risorse tra Iva e accise raccolte dai porti stessi.

Dopo la delusione, è arrivato il tempo dei commenti più ragionati. E mentre Matteoli difende il ddl sostenendo che in conclusione “apporta importanti innovazioni”, lo stesso senatore Grillo, considerato da molti il padre della riforma “come doveva essere” non nasconde la delusione. “Sono stati cancellati dal testo della riforma – ha detto Grillo – due fondamentali passaggi: l’autonomia finanziaria e la regolamentazione dei poteri tra Autorità Portuali ed Autorità Marittime”. Ovvero, più potere alle Capitanerie di porto rispetto alle Autorità Portuali. E c’è qualcuno che sussurra: forse alla fine è meglio così.

Il ddl comunque alcune innovazioni le contiene: tutto sta nel vedere se dopo il dibattito parlamentare – che si suppone sarà lungo e contrastato – verranno mantenute. Le Autorità Portuali rimangono uno sproposito, ben 25 (all’inizio della riforma dovevano essere mezza dozzina). Cambiano anche i criteri di nomina dei presidenti: decidono il ministro e il presidente della Regione interessata e in caso di disaccordo, la nomina tocca al presidente del Consiglio. Tagliati fuori (se il parlamento lo accetterà) Comuni, Province e Camere di Commercio.

Tra gli aspetti positivi ci sono le nuove regole per velocizzare l’approvazione dei piani regolatori portuali, per i dragaggi, per la crescita e lo sviluppo reale dei “sistemi logistici” (porti, più aeroporti, più interporti con i relativi collegamenti).

Il ddl è articolato in 16 articoli estesi per 23 pagine. Non è difficile prevedere che ciascuno degli articoli sarà oggetto, per i prossimi mesi, di analisi e polemiche anche feroci. Ha cominciato a sparare ad alzo zero Assoporti che sottolinea come una riforma senza l’autonomia finanziaria ai porti è solo pannicelli. Luigi Merlo è stato ancora più duro: “Siamo alla programmazione per far morire i porti italiani”.

Unico soddisfatto il presidente di UCINa Anton F. Albertoni che in una nota plaude all’articolo secondo il quale i piani regolatori dei porti devono prevedere che eventuali strutture sotto-utilizzate siano destinate alla nautica e che per i pontili galleggianti stagionali destinati alle barche non sia necessaria la licenza edilizia. Albertoni ringrazia i ministri Matteoli e Brambilla: ora si tratta di vedere se e dove saranno reperite nei porti italiani quelle fantomatiche aree sotto-utilizzate. Che ci siano ciascun lo dice, dove siano nessuno (o quasi) lo sa…

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