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Livorno, il porto e la crisi

Riceviamo in merito al dibattito sulla sponda Est

LIVORNO – Dalla stampa locale in questi giorni si rileva l’ipotesi di immettere sul territorio demaniale del porto di Livorno un impianto per una raffineria per la trasformazione dell’olio di palma.

[hidepost]Come libero cittadino desidero esprimere il mio pensiero al riguardo, dato che, senza falsa modestia, credo di conoscere piuttosto bene i problemi del nostro porto.

Inizierei precisando che contrariamente a quanto rilevato sulla stampa l’area ex Seal è di proprietà dell’Autorità portuale dal 2003/2004 e che almeno 9.000 mq. con parte di capannone dell’area Paduletta sono sempre stati dell’Autorità portuale, e non della SPIL, che invece ne possiede il resto.

La scoperta di questa posizione dell’area Paduletta fu fatta nel 2004, dopo un accurato monitoraggio ordinato da chi, in quel momento, dirigeva l’Autorità portuale (venne fuori tra l’altro il sospetto che per circa 30 anni l’Autorità portuale, per la sua parte, non avrebbe goduto del ricavo di un congruo affitto).

Dopo questa premessa, ritengo quantomeno stupefacente che dopo 30 anni di attesa di un piano regolatore portuale, accettato solamente due anni fa (dopo 3 anni di dolce dormire nei cassetti dell’Autorità portuale), oggi si decida e/o si voglia decidere un qualcosa in netto contrasto con quanto stabilito nello stesso piano regolatore.

Precisato quanto sopra non possiamo esimerci al fare alcune domande alla stessa Autorità portuale:

1. Ma la direzione (dell’A.P.) si ricorda che anni fa a Livorno si fece nascere una struttura alle spalle del porto, proprio per salvaguardare e fare da polmone al medesimo? Ci riferiamo all’Interporto di Guasticce che opera anche per “tenere libere” le aree demaniali da attività di stoccaggio merci ed altro, che intralcerebbero i traffici prettamente portuali, siano questi contenitori, merci o passeggeri. Con questa motivazione all’inizio degli anni 2000 fu ripetutamente applicata la legge di “delocalizzazione” e delle “Autostrade del Mare”, per meglio liberare certe aree portuali (specialmente quelle banchinate) da attività che poco o niente avevano a che fare con l’operatività, i traffici e lo sviluppo di un porto.

2. E’ pur vero che, purtroppo, a Livorno la programmazione viaggia a “fari spenti” ed è altrettanto vero che purtroppo molte volte il sabato si fa il contrario di quello che si era prestabilito il lunedì precedente. Ma questa nuova scoperta di voler immettere nell’area portuale, un impianto per una raffineria ci sembra veramente paradossale che non agevola certamente gli interessi e le finalità di quel “polmone” che è l’entità porto per una città come Livorno.

3. Appena due anni fa, c’era l’intenzione da parte degli addetti ai lavori di portare avanti una politica di salvaguardia dei centri abitati dal pericolo derivante dalle tubazioni che da troppi anni condizionano pericolosamente una ben individuata parte della città (ma il dramma di Viareggio non ci ha insegnato niente?). Questa politica di salvaguardia avrebbe dovuto iniziare togliendo gradualmente dai fondali presso la banchina petroli le tubazioni Agip, che oltre ad intralciare le operazioni commerciali in porto, di fatto ormai sono obsolete, poco utilizzate e pericolose. Per un corretto futuro abbiano l’esempio del porto di Civitavecchia che già indica la strada da seguire.

4. A questo riguardo già nei primi mesi del 2005 c’è stata una proposta che riguardava il ripristino della banchina petroli, sempre meno utilizzata poiché dedicata in esclusiva alle navi petroliere, per un traffico sempre più in calo, in concomitanza, purtroppo, con un sempre più reale distacco dell’Agip dalle realtà livornese (oggi fa solo deposito, riducendo ai minimi termini la raffineria). Purtroppo questa proposta non fu neppure presa in considerazione.

5. Non si è voluto considerare neppure l’agevolazione che questa operazione avrebbe portato anche in termini di tempo per l’utilizzo del costruendo piazzale della Darsena Europa, che, come noto, è ubicata in posizione confinante alla summenzionata banchina Petroli, che gode di un fondale di almeno 11 metri.

Infine: per dare spazio alla raffineria si andrebbe a sconvolgere quanto già concordato (TCO che non si sposta dalla Calata Orlando se non va ad occupare parte della sponda Est. La Cilp che non lascerebbe più la banchina Alto Fondale a tutto danno della Porto Livorno 2000 ecc., ecc.). Occorre decidere con urgenza dando costantemente un’occhiata a La Spezia, che tra meno di un anno ci farà piangere per certe iniziative che sta portando avanti.

E’ importante poi non dimenticarsi che l’acquisto della ex Seal fu fatta programmando la necessità di avere almeno una parte di porto in uso pubblico e sbloccare così l’ingessamento del porto stesso causato dall’elargizioni troppo facili date alle concessioni. Questo sarebbe servito per invogliare ed accogliere nuovi armatori e nuovi traffici che potessero puntare su Livorno-porto senza dover subire l’imposizione e le tariffe dei concessionari. Inoltre è bene ricordare che l’acquisizione della sola area ex Seal, in se per se, non valeva granché. Avrebbe avuto la risonanza e la valenza giusta se fosse stato portato a termine il programma che, nel 2004/5 era stato preparato: aggiungere all’area Seal tutto il terreno che la stessa Seal ha intorno: cioè l’area di proprietà delle FF.SS., in affitto alla CLP. Il programma saltò perché il governo di allora non riuscì a trovare i soldi previsti per questa operazione di acquisto ed anche perché, venne fuori il reale e grosso problema: la necessità di dover bonificare tutta l’area FF.SS. che, giustamente, per il ministero dei Trasporti doveva essere a carico in obbligo e spese delle stesse FF.SS., che da 40 anni sfruttava l’area. Invece, per le ferrovie questi costi dovevano essere a carico dell’acquirente. Se questo punto s’inceppò la pratica di acquisto e tutto è rimasto fermo; e per ora a quanto sembra non si è trovata una soluzione adeguata.

Infine, cerchiamo di non ripetere l’errore fatto 12/14 anni fa con la banchina numero 41 oggi frontale della Società Silos del Tirreno, con il piazzale adiacente. Ci fu una gara. Correttamente la Silos del Tirreno, con più convinzione, dei locali operatori portuali, la vinse.

Da quel momento, ovviamente, la preminenza d’uso di questa banchina spetta ai Silos del Tirreno. L’uso pubblico è subordinato alle esigenze ed agli interessi di chi l’acquistò. Grosso autogol!

Morale: fino ad oggi, chi portava traffici a Livorno è stato allontanato e i rapporti con i vettori marittimi sono sempre stati indiretti e sub-agenziali, cioè senza poteri decisionali.
E i risultati purtroppo si vedono.

Vaschino il Limonaio

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Pubblicato il
6 Ottobre 2012

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