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Bacini, la gara e le clausole

Quattro punti fermi, ma non senza qualche ambiguità per il “bacinone” e sui tempi

Giuliano Gallanti

LIVORNO – Hanno sparato tutti i calibri disponibili, i sostenitori di un improbabile ritorno all’antico per il sistema bacini di carenaggio: ma alla fine anche il documento “foglia di fico” approvato dal consiglio comunale con i soli voti contrari del PD – bisogna ammetterlo: onore alla coerenza – è stato spazzato via dal vento del realismo. In sostanza: il comitato portuale dell’Authority livornese ha confermato che le linee-guida della gara per i bacini di carenaggio specificherà che le riparazioni navali dovranno fermarsi agli yachts e alle piccole e medie navi. Chi voleva le maxi-navi (mettendo di fatto fuori gioco il primo aspirante ai bacini, il cantiere Benetti) ha dovuto ripiegare.
[hidepost]Il comitato portuale ha anche approvato la richiesta del Comune di Collesalvetti di entrare nello stesso comitato: logica ma tante volte glissata richiesta (l’allora sindaco di Livorno Sandro Cosimi era stato sul tema una specie di muro di Berlino) che finalmente approderà come formale richiesta al ministero, a sancire anche la trasformazione dell’interporto Vespucci – territorio di Collesalvetti – in retroporto vero e proprio.
Torniamo ai bacini. Sono quattro gli elementi cardine su cui si articolerà la gara, come ha illustrato nei dettagli l’avvocato Matteo Paroli per conto dell’Authority. E bisogna subito dire che in alcuni punti c’è qualche ambiguità che non mancherà di far discutere all’infinito o quasi.
Primo punto: chi concorrerà dovrà presentare un piano industriale dettagliato, come da POT, dedicato a navi di piccole e medie dimensioni e yachts. E fin qui tutto bene.
Secondo punto: piena compatibilità ambientale delle lavorazioni nei bacini con gli insediamenti urbani contigui, in riferimento anche alle norme urbanistiche vigenti. E va bene anche questo.
Terzo punto: impegno a ripristinare la funzionalità dei beni (bacini, compreso quello grande). E qui cade l’asino perché per una concessione di 10 anni (sia pure, secondo bando, prorogabile) bisognerebbe capire chi sarà tanto pazzo da impegnarsi a spendere almeno 20 milioni di euro (stima RINa) per ripristinare quello che oggi è un rudere. Salvo non si giochi poi sulle parole stabilendo tempi di ripristino non determinati, mandando le cose talmente alle lunghe (all’italiana…) da vanificare di fatto l’impegno.
Quarto punto: Le attività che saranno svolte dal vincitore della gara non dovranno pregiudicare la futura riconversione del bacinone alle riparazioni anche alle grandi navi. E anche qui siamo al gioco delle tre carte, forse per dare un contentino alla politica (la “foglia di fico” del consiglio comunale): intanto perchè si ammette (con quel “futura riconversione”) che il bacinone potrà fino ad allora servire anche da non bacino. E poi perchè non si dice a carico di chi, quando e in che modo potrebbe avvenire questa eventuale futura riconversione.
Detto questo, anche in comitato portuale (e nella precedente commissione consultiva) hanno parlato tutti, sostanzialmente bacchettando le chiacchiere (in qualche caso al vento) che si erano sentite in consiglio comunale. Con la significativa chiusura del capo di gabinetto della presidenza della Regione Ledo Gori: il quale ha ricordato che Piombino sta lavorando per avere un bacino da 350 o 400 metri, che la Regione s’è impegnata a contribuire e che quindi ipotizzare di rimettere in funzione per le grandi navi il “relitto” di bacino livornese è un assurdo.
Delibere sul concreto: rinnovate alla Silos e Magazzini del Tirreno le aree in darsena Pisa dietro l’accosto 41 per 22 mila metri quadri (vi dovrebbe operare anche Bonsignori con carichi di pellets); concessione demaniale ad Autotrade & Logistics per circa 2 mila metri quadri in via Da Vinci, da attrezzare per treni-blocco dedicati ai traffici di auto nuove.[/hidepost]

Pubblicato il
11 Ottobre 2014

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