Le grandi manovre a Livorno (a chi la Darsena Europa?)
In vista dello show di Bruxelles per annunciare la gara, il ruolo del presidente della Regione Toscana – Lo shopping di MSC e l’alleanza con Maersk nella 2M come chiave di lettura di un progetto globale
LIVORNO – I vari “passaggi” societari che da qualche tempo avvengono nel porto di Livorno, che in questi giorni sono stati ampiamente riassunti sulla stampa locale, non sono ancora chiaramente attribuiti a una strategia di fondo. Eppure la strategia sembra esserci ed è sempre più chiara: quella di preparare il porto di Livorno a una sua proiezione almeno internazionale, timoniere ormai chiaro dell’operazione il governatore della Toscana Enrico Rossi, di cui sono note anche le aspirazioni europee.
[hidepost]Ma non basta. Se Rossi è stato molto attivo in questi mesi non solo sul piano politico ma anche su quello imprenditoriale – si dice che l’accresciuta presenza di MSC nel porto labronico da Lorenzini e ora a Savino Del Bene sia dovuta anche a un suo pressing – anche l’imprenditoria portuale livornese più forte non sta a guardare. Le alleanze tra i gruppi Neri e Negri, il loro ingresso nella Cilp, il coinvolgimento del gigante dei Ro/Ro Grimaldi nella Sintermar a fianco dei Neri (con un ruolo marginale ma anch’esso concreto dei Fremura) sono tutti segnali di una chiara volontà degli imprenditori portuali livornesi di non essere tagliati fuori dal porto del futuro, la Darsena Europa. E poiché si tratterà di investimenti super-milionari, si cercano le alleanze ad alto livello, dove le centinaia di milioni di euro necessari all’impresa non sono certo un problema.
Si torna alla chiave di lettura che porta a MSC, guardacaso ben attestata sul terminal Lorenzini anche nella storica alleanza con l’“avversario” Maersk nella 2M. Lorenzini e TDT sono oggi “il” porto containers di Livorno, e sarebbe sciocco pensare che se ne staranno a guardare la gara per l’aggiudicazione della Darsena Europa – che lo stesso Rossi andrà a presentare a Bruxelles in pompa magna tra una decina di giorni, caso abbastanza raro per il presidente di Regione – consapevoli che chiunque arriverà a metter mano su quel porto del futuro diventerà lui “il” porto dei containers.
Ovvia deduzione: è necessario che gli imprenditori livornesi trovino una formula che da una parte li metta insieme a difendere il comune interesse di non essere spazzati via dalla Darsena Europa, dall’altra li affianchi a chi è interessato direttamente al business ed ha la potenza economica per partecipare alla gara internazionale. Nella fattispecie, quella MSC (e perché no, insieme a Maersk se sembra che questa alleanza atipica possa funzionare anche a Trieste?) che da qualche tempo fa shopping proprio a Livorno, in deroga a quel giuramento che Gianluigi Aponte aveva fatto vent’anni fa di voler cancellare il nostro porto (e la Clp) dai suoi orizzonti. MSC e Negri si parlano da sempre, difficile pensare che il dialogo non si sia allargato anche a Neri e oltre. Senza considerare che anche Confetra con Nereo Marcucci potrebbe avere – o aver già avuto – un suo ruolo.
Sono ipotesi ovviamente, suffragate solo e unicamente da una serie di indizi che il cronista raccoglie dai fatti, avendo tutti i principali protagonisti sigillato la propria bocca sul tema. Ma è evidente che ci sono in corso giochi ben superiori al semplice show a Bruxelles per presentare la gara del porto del futuro. Una gara che è atipica anche e specialmente per la fortissima, determinante presenza della Regione da quando ha calato il suo asso dei 150 milioni di contributo prontacassa più annessi e connessi. E la presenza della Regione – Rossi probabilmente andrà a dire proprio questo a Bruxelles – è anche la principale garanzia che non sarà dato spazio all’asfissiante burocrazia italiana che rallenta e spesso manda alla malora i programmi delle grandi opere. La Darsena Europa va fatta, va fatta presto e bene, e con l’impegno determinante delle istituzioni, compreso il governo nazionale. Il resto, i passaggi di quote azionarie nelle imprese locali e i vari balletti di secondo piano, contano solo come contorno in una realtà che è alle soglie della sua grande opportunità per le imprese livornesi più forti. O di una grande sconfitta.
Antonio Fulvi
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