La capsula 4D che si apre da sola nell’intestino e si trasforma in cerotto anti-ulcera
La medicina del futuro nelle ricerche del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione
PISA. Già si fa fatica a digerire che la manifattura possa essere una stampa 3D, ma le tre dimensioni le abbiamo tutti ben presenti: all’università di Pisa il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione studia le nuove applicazioni della stampa a quattro dimensioni (4D) per tentare qualcosa di inedito: sembra quasi il “Lem” dell’allunaggio di Neil Armstrong. Il “piccolo passo” qui è veramente ultrapiccolo: stiamo parlando di «una capsula intelligente che si apre da sola e si attacca come un cerotto all’interno dell’intestino per favorire la guarigione delle ulcere». Dal quartier generale dell’ateneo pisano non fanno mistero di un certo orgoglio di bandiera perché «il dispositivo è uno dei risultati più promettenti della ricerca» sul fronte della medicina del futuro.
Cosa significa “stampa 4D”? Gli studiosi del Dipartimento pisano la spiegano così a misura di un pubblico generalista: «È una tecnologia che permette di realizzare strutture tridimensionali capaci di trasformarsi nel tempo sotto l’effetto di stimoli predefiniti, come l’idratazione o la temperatura. Ecco dunque che il tempo diventa così a tutti gli effetti la quarta dimensione».
E nel caso della nostra capsula? Il team di ricerca del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione ha progettato «una struttura stampata 3D auto-dispiegante a base di seta e gelatina»: si tratta di «materiali biocompatibili che, dopo l’ingestione, si espandono assorbendo i fluidi intestinali e dal piccolo cilindro che era inizialmente il dispositivo viene trasformato in un foglio piatto capace di aderire al tessuto danneggiato».
La capsula rientra all’interno di un filone di ricerca che si è data «l’obiettivo di sviluppare dispositivi mini-invasivi, autoriparanti e programmabili», che siano «in grado di interagire dinamicamente con i tessuti biologici ed aprire nuove prospettive per la medicina personalizzata».
La virtù di questo dispiegamento in forma di foglio che aderisce al tessuto ko, Carmelo De Maria, docente di bioingegneria all’Università di Pisa, la spiega così: «La capsula può coprire un’area più ampia della mucosa intestinale sanguinante e favorirne la rigenerazione. La forma finale è ottenuta grazie a una specifica disposizione spaziale dei materiali, che consente alla struttura di reagire in modo controllato all’ambiente interno del corpo». Di più: «La capsula è inoltre dotata di una piccola antenna, anch’essa stampata 3D e biocompatibile, in grado di segnalarne la presenza all’interno del corpo dopo l’ingestione. Una volta che la struttura incontra l’ulcera e si dispiega, e consente una comunicazione con l’esterno, fino alla sua degradazione. Altrimenti viene espulsa regolarmente».
De Maria aggiunge che «con la stampa 4D possiamo progettare oggetti che cambiano forma e funzione nel tempo, proprio come i tessuti viventi: è una rivoluzione che unisce ingegneria dei materiali e scienze della vita».











