Candidature e l’ipotesi diarchia
ROMA – Chi l’aveva bollato sprezzantemente come un “pronunciamento” alla sudamericana, ovvero una rivolta di pochi porticcioli contro i grandi scali, pare abbia dovuto ricredersi: la stessa ammissione del comunicato ufficiale, una spaccatura pressochè alla pari sulla successione di Francesco Nerli, la dice lunga sul malessere interno ad Assoporti.
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E l’accordo al vertice, nato a sorpresa subito dopo tra Merlo e Monti, lo conferma. Parità di impegno e di dignità.
C’entra la politica? Certo che c’entra: e sarebbe stupido non riconoscerlo. Basta guardare gli schieramenti per capire che contro l’egemonia dei presidenti di sinistra nell’attuale range di Assoporti si sono schierati presidenti che nella sinistra non si riconoscono. Però c’è un dettaglio che tanto dettaglio non è: né i tre “saggi”, nè i porti di sinistra, né ovviamente quelli di destra, hanno pescato per un eventuale candidato dall’attuale vertice di Assoporti, quello in scadenza. Nerli è cancellato per statuto, abbia fatto benissimo o malissimo (e nessuno gli disconosce anche i meriti): ma dei vicepresidenti attuali si salva solo Luciano Guerrieri, nominato da tutti (“destri” compresi) uno dei saggi, e quindi automaticamente sopra le parti. Per gli altri, sembra corsa conclusa.
Il comunicato ufficiale, che abbiamo riportato a fianco – e specialmente la lettera a due mani arrivata di sorpresa dai due candidati tramite Ansa – cercano anche di esorcizzare la conclusione più temuta da una parte, ma anche tutt’altro che impossibile: quella della scissione in due Assoporti. A parole, tutti sono d’accordo che l’Associazione deve rimanere unica, lavorare in piena unanimità, fare “massa critica” nei confronti di un governo che, riferendosi ai porti e allo shipping, ad oggi ha saputo fare poco di più che chiedere “se avete idee intelligenti (sic!) fatecele sapere“. E i due proto-presidenti lo ribadiscono, proponendosi per una diarchia. Potrebbe funzionare? Secondo numerosi presidenti, tutti spiazzati dall’accordo a due Merlo-Monti (e inizialmente piuttosto seccati di essere stati avvertiti a cose fatte) la diarchia potrebbe funzionare solo in un modo: con un presidente – quello che nella seconda tornata con i “saggi” ormai prossima prenderà anche un solo voto di più – e un vicepresidente a pari dignità e con deleghe forti. Comunque c’è chi si è dichiarato convinto della cosa: tra tutti l’ammiraglio Luciano Dassatti, presidente di Napoli e dichiarato sostenitore di Monti, che si è congratulato immediatamente sia con lui che con Merlo.
I due nomi espressi dai tre saggi del resto hanno entrambi dei numeri. Il candidato ufficiale di Francesco Nerli è Luigi Merlo, indubbiamente bravo presidente dell’Autorità portuale di Genova. Con lui sono schierati i porti di Bari, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Piombino, Ravenna, Salerno e Venezia. Il candidato della cordata d’opposizione è Pasqualino Monti, giovane e dinamico presidente di Civitavecchia: e con lui sono per adesso Ancona, Cagliari, Brindisi, Catania, Civitavecchia, Napoli, Olbia, Palermo. Come si vede mancano all’appello dall’una o dall’altra parte almeno un’altra decina di porti, che non si sono schierati o aspettano di farlo all’ultimo momento, sull’antico e mai tramontato principio che può essere conveniente saltare sul carro del vincitore. Saranno loro, quasi certamente, quelli decisivi.
La diarchia proposta (con un pizzico di malignità nei confronti dell’uscente Nerli, entrambi hanno sottolineato di rinunciare ad ogni emolumento) significa che gli animi sarebbero riappacificati? I motivi del contendere ancora ci sono, o almeno c’erano fino a ieri. C’era stata anche una polemica sull’articolazione proposta dal vertice uscente per l’assemblea: con la seduta pubblica la mattina e quella “elettorale” il pomeriggio, sovvertendo ogni tradizione. A molti è sembrato che si sia voluto così per dar modo ai vertici uscenti di dare il massimo spazio al consuntivo e poco al rinnovamento. Ovvero, l’ultima raffica di Nerli. Fino a nuove sorprese?
Antonio Fulvi
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