Stelio Montomoli: Piombino oltre i tempi confusi

Stelio Montomoli
PIOMBINO – Stelio Montomoli, come scrittore ormai non dovrebbe stupirci più. Appunto, non dovrebbe: di bei libri ne ha scritti otto, dal suo esordio nel 2004 (“Di giorno e di notte” un romanzo ambientato nel mondo dei tombaroli delle necropoli etrusche) fino agli ultimi gialli vagamente camillereschi, sia pur d’ambiente piombinese. Tutti libri da gustare, che si leggono con partecipazione e ammirazione per chi, nato metallurgico, s’è dedicato alla scrittura solo passati abbondantemente gli “anta”: e nella sua esperienza letteraria ha saputo cogliere in modo magistrale le esperienze del mondo operaio, ma anche la vita di provincia, le pulsioni dei giovani alla scoperta del loro domani, gli oneri e gli onori della lotta sindacale.
Lunga premessa, me ne accorgo. Ma è indispensabile per capire tematiche e aspirazioni dell’ultimo lavoro di Stelio, “Il mondo oltre i confini confusi” che esce in questi giorni per le Edizioni Ouverture di Scarlino (Grosseto).
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Limitarci a rilevare il salto temporale compiuto da Stelio – dall’era degli Etruschi a quella moderna, fino a un 2143 che proietta Piombino in un futuro di angosciosi scontri etnici – sarebbe riduttivo. Come sarebbe riduttivo echeggiare l’atmosfera allucinata da “deserto dei tartari” di Buzzati, dove l’attesa di un nemico invisibile è insieme ammissione di sconfitta e di caduta. Perché ne “Il mondo oltre i confini confusi” c’è, è vero, la rappresentazione di una Piombino caduta in preda a un’anarchia post-democrazia per le funeste conseguenze della fine della realtà industriale metallurgica: ma c’è anche e specialmente la fiducia nei giovani, impegnati a ricostruire un piccolo mondo locale degno di essere vissuto al di là delle trappole di una pseudo-dittatura consumistica e implosiva, rifiutando gli stereotipi del razzismo, del cieco dovere verso chi si è fatto istituzione, del mondo oltre i confini che è necessariamente nemico.
Romanzo insieme fantascientifico, poliziesco (nella ricerca della misteriosa valigetta con la “Verità”) ed etico, il nuovo lavoro di Stelio Montomoli non rompe solo con la tradizione dei precedenti, dove il privato era preponderante rispetto alle pur brave e convincenti pennellate sul pubblico: è anche un appello accorato per una Piombino (e in realtà per un mondo intero) che rischia di smarrirsi in una sindrome da fortezza Bastiani priva di senso e di futuro; e che deve guardare ai suoi giovani per una nuova era di serenità, di pace sociale e di amore.
A.F.
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