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Ma Confetra va all’attacco dell’ART

Nella foto: Nereo Marcucci

ROMA – Ma non è tutt’oro quel che luce, dice il vecchio proverbio. Così la vede Confetra che ha disertato platealmente la presentazione del rapporto ART di cui si parla qui a fianco.

“Il nostro stile istituzionale è noto a tutti i decisori pubblici e mai avremmo pensato di giungere a questo punto, ma la situazione non è davvero più sostenibile” ha detto alla vigilia dell’incontro il presidente di Confetra, Nereo Marcucci. “Non parteciperemo a questo rito che giunge a valle di un anno davvero negativo nelle relazioni tra l’Autorità e il sistema delle imprese che noi rappresentiamo – ha aggiunto Marcucci – perché sono anni che ART tenta, invano, di estendere i propri poteri regolatori su settori e categorie del tutto esclusi dalle funzioni a essa affidate dalla sua stessa Legge istitutiva. Abbiamo vinto ricorsi in tutte le sedi amministrative, addirittura fino a un pronunciamento della Corte Costituzionale a noi favorevole. ART nasce per regolare l’utilizzo delle infrastrutture rese in concessione dallo Stato in regime di monopolio naturale.

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Tra queste, certo, non possono rientrare porti o interporti, meno che mai terminalisti portuali o imprese ferroviarie private. Come se non bastasse, a seguito del DL Emergenza Genova, ART ora si pone l’obiettivo di assoggettare a regolazione anche imprese logistiche che con le infrastrutture non hanno proprio niente a che fare, e addirittura gli autotrasportatori solo perché caricano o scaricano merci in porto. Abbiamo decine di lettere inviate dall’Autorità a imprese di spedizioni internazionali e addirittura ad agenzie marittime e raccomandatarie. Ora basta. Va sciolto l’equivoco di fondo: ART non può svolgere la sua funzione a carico di una tassa aggiuntiva che le stesse imprese regolate devono pagare – lo 0,6 per mille del fatturato – al regolatore. È un abominio che non ha simili in Europa e che, a nostro avviso, spinge l’Autorità a improprie invasioni di campo business oriented in settori che nulla hanno a che fare con la gestione di una infrastruttura in regime di monopolio naturale. Le poche (forse) utili funzioni che ART dovrebbe svolgere, le svolga a carico della fiscalità generale come ogni Istituzione pubblica che si rispetti. È anche un tema di trasparenza e di terzietà del Regolatore pubblico. Ci appelliamo al presidente del Consiglio Conte, al nostro ministro di riferimento Danilo Toninelli, al ministro Luigi Di Maio, al Parlamento tutto, affinché attuino quanto richiesto con numerosi o.d.g. parlamentari che li vincolavano a verificare il modo di operare di ART. Se ART pensa di poter assoggettare a gabella ogni “beneficiario anche indiretto” della sua già discutibile regolazione infrastrutturale, parliamo di ulteriori 20 milioni di euro tolti alle imprese e ai lavoratori e trasferiti ad un’Autorità che ha ormai quasi assunto le dimensioni di un secondo Ministero dei Trasporti. Nell’ultimo biennio, il solo personale in organico, è passato da 85 a 91, e oggi 180, unità” ha concluso Nereo Marcucci.

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Pubblicato il
29 Giugno 2019

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