GENOVA – In questo nostro mondo della portualità che è costantemente in divenire, con moto uniformemente accelerato come si dice in fisica, molti dei giochi per la crescita, il rilancio o la sconfitta degli scali italiani si sta giocando sempre più a livello internazionale. Non è una novità, ma adesso siamo – come si dice in Toscana – alla porta coi sassi. Cioè alle decisioni. Il che in ogni caso è un sollievo,visto che la politica nazionale di decisioni veloci sembra incapace di prenderle.
Il paradigma, visto da Genova, riguarda per le prossime settimane il porto di Livorno, ovvero la scommessa della Darsena Europa. L’AdSP di Livorno ha posto alla fine di novembre – tra un mese – il termine ultimo per le dichiarazioni d’interesse alla gara, mettendo sul piatto – recente bilancio preventivo – 60 milioni della stessa AdSP, 50 dei Cipe e 200 della Regione. Per la prima fase della Darsena, il terminal contenitori, ne servono altri 300 di chi volesse costruirla e gestirla. Più le opere accessorie dell’ultimo miglio, prima di tutto la tombatura dello sbocco dello Scolmatore dell’Arno/Canale dei Navicelli per assicurare accessi stradali e ferroviari adeguati. Il presidente Corsini, gettando l’anima al di là dell’ostacolo, ha detto recentemente che la Darsena Europa funzionerà dal 2023: un azzardo, per alcuni coraggioso, per altri irrealistico o peggio.
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