E se il relitto non tornasse più a galla?
ROMA – E se alla fine il relitto ormai più famoso – e discusso – del mondo rimanesse davvero nelle acque del Giglio? Se l’altrettanto famoso – e discusso – piano di Titan/Micoperi per il rigalleggiamento fallisse? Se si verificasse la tragedia nella tragedia che molti esperti di costruzioni navali ipotizzano, cioè il collasso dello scafo, con il suo frantumarsi sotto le pressioni di centinaia di tonnellate di cavi, cassoni, ingabbiamenti ed altro?
[hidepost]La bagarre della campagna elettorale ormai alla fine ha fatto passare sotto silenzio le molte interrogazioni parlamentari sull’ipotesi che la nave si sfasci e che alla fine sia necessario demolire quello che resta proprio davanti al Giglio. Ma in questi giorni circola sul web anche un’altra accusa: sostenuta da un gruppo di architetti e ingegneri navali (Lazzarotto, Piacci, Raggi) che hanno invano cercato di farsi accreditare il proprio progetto di recupero, rigalleggiamento e riutilizzo “museale” del relitto.
Secondo l’accusa del gruppo, il progetto Titan-Micoperi è quasi certamente destinato a fallire perché lo scafo della Concordia è ormai talmente collassato da non poter tornare a galla con il sistema in corso d’opera. Il loro progetto invece avrebbe consentito, così come quello di Neri-Smit che ha perso la gara, di operare in modo molto più semplice e meno costoso, chiudendo progressivamente le vie d’acqua e pompando dentro aria fino a un progressivo rigalleggiamento. Cicero pro domo sua? Può anche darsi, perché è ovvio e naturale che ciascuno difenda le proprie soluzioni. Però Lazzarotto & C. citano a loro favore i pareri tecnici di “luminari delle università italiane”. E accusano l’attuale operazione di recupero come un colossale “affaire” per moltiplicare per mille i costi e quindi i ricavi.
Con buona pace di Lazzarotto & C. è evidente che ormai il piano Titan-Micoperi non può che andare avanti: fino al successo (rigalleggiamento) o al disastro (lo sfasciarsi del relitto, il suo precipitare a pezzi sul fondale, o la necessità di smantellarlo proprio davanti al Giglio, con devastanti impatti sociali e forse ambientali). Non ci sarà nemmeno da aspettare molto: si è parlato di sollevamento entro l’inizio dell’estate, anche se tutti i ritardi tecnici in corso fanno ipotizzare ulteriori ritardi. E forse anche per questo – sussurrano i pessimisti – Costa Crociere ha ritardato finché ha potuto la scelta di dove trasferire il relitto quando tornerà a galla. Con una riserva mentale: se mai davvero tornerà a galla.
A.F.
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