E sulla Concordia la certezza dell’incertezza
PIOMBINO – Forse c’è un aspetto ancora più grottesco della supposta fuga del comandante Schettino nella tragedia della Costa Concordia: ed è il gioco al massacro tra porti, aziende, istituzioni e faccendieri vari per l’assegnazione del relitto da demolire.
[hidepost]L’hanno scritto in tanti: solo in Italia si poteva arrivare a non sapere ufficialmente, a due anni dalla tragedia, dove dovrà andare per la demolizione il relitto. Chiariamo: ufficialmente. Perché ufficiosamente ci sono tante verità quante sono le istituzioni in ballo. Se poi vogliamo andare ai giudizi etici, possiamo anche azzardarci sul terreno tanto scivoloso quanto poco condivisibile di una istituzione come la Protezione Civile che pur non avendo competenza né sul trasferimento del relitto né sulla sua demolizione, se ne esce – a quanto si può sentire sui media televisivi – con valutazioni sui porti, sui loro costi e sulla “gara” messa in atto dalla Carnival.
Fermiamoci ai dati forniti nei giorni scorsi. Sul piano dei costi, il sito della Turchia utilizzato da anni da Costa per demolire le sue navi risulta ancora oggi il meno costoso, trasferimento compreso. Genova e Piombino vengono dati alla pari. Gli altri porti, con l’ipotesi Civitavecchia che segue a un’incollatura, meno convenienti. Ovviamente nessuno ha calcolato, in questo quadro, i costi del “rischio ambiente”: cioè quanto si rischia nel Mediterraneo a portare in giro questa carcassa di grande nave, appesa a qualche decina di cassoni di galleggiamento che per ammissione degli stessi tecnici hanno tutta una serie di loro problemi per rimanere saldamente attaccati al relitto. Quello che sorprende, semmai, è che il nuovo ministro dell’Ambiente, a differenza del predecessore che era un vero competente e si era pronunciato drasticamente per il tragitto più breve (cioè per Piombino), mantenga una posizione ondivaga, privilegiando – a quanto sembra – le eventuali scelte economiche di Carnival. E il presidente della regione Toscana Enrico Rossi? Decisionista a pipi ritto all’inizio, più passa il tempo e più sembra smosciato sull’ipotesi Piombino. Sbaglieremo (e ci auguriamo di sbagliare): ma da la netta impressione di aver ormai fatto scadere il problema Concordia in una posizione molto bassa delle sue priorità.
Dal punto di vista tecnico, i problemi non mancano per rimettere a galla il relitto: e ovviamente per fargli fare il successivo viaggio verso la demolizione. Se gli “sponsons” del lato rimasto sempre emerso sono stati quasi tutti ancorati in modo convincente, quelli che vanno sul lato martoriato da quasi due anni di immersione e dallo schiacciamento sugli scogli rappresentano una nuova sfida della tecnologia. Non è possibile ancorarli alla struttura della nave, che è collassata: pare che potranno essere bloccati solo con catene che abbracceranno lo scafo, dopo aver alla meglio “pareggiato” le zone di appoggio con speciali resine autosolidificanti. Ma per passare le catene intorno allo scafo sarà necessario sollevare quest’ultimo dal fondo almeno di un metro. E gli “sponsors” stessi sono in via di modifica e di adattamento proprio per questo, tra Livorno, Marina di Carrara e Genova.
Domanda da un milione di dollari: sarà tutto pronto per la fine di giugno, come continua a sostenere il commissario della Protezione Civile? O si andrà a settembre, rimettendo così in gara anche Piombino? Come tante cose all’italiana, c’è una sola cosa che da certezza: la certezza che tutto rimane incerto fino all’ultimo.
Antonio Fulvi
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