Due “braccia” che arrivano a quasi 2 km verso il largo
Verrà riaperto l'accesso da nord al cuore dello scalo: ora si entra dalla Vegliaia
LIVORNO. Le nuove dighe abbracceranno un bello spicchio di mare in direzione ovest: un chilometro e 800 metri verso il largo con l’imboccatura larga più di 300 metri orientata a 220 gradi. Ritorna l’accesso da nord, dopo che da molti anni l’ingresso anche alla metà settentrionale del porto, compresa la Darsena Toscana, avviene da sud, zona Vegliaia, perché la bocca nord ha attualmente fondali talmente bassi da essere utilizzabile di fatto solo dal naviglio minore, cioè barchette e poco altro.

Qui e sotto: la zona da dove partirà il cantiere preliminare per creare una ulteriore “vasca” in cui sversare i detriti escavati per fare le fondamenta delle nuove dighe
Ma la costruzione delle nuove dighe – così fondamentale che il sindaco livornese Luca Salvetti le indica come l’emblema del fatto che «ora non si può più tornare indietro» – non comincia lì dove sorgeranno. Per realizzarle bisogna prepararne l’imbasamento, cioè le “fondamenta”: dunque, occorre escavare il fondale per portarlo a meno 16 metri. Siccome adesso varia da 4 a 12 metri di profondità, bisogna portar via un bel po’ di sedimenti e, seguendo il tracciato delle nuove dighe, infilare nel sottosuolo qualcosa di simile a “pilastri” di materiale ghiaioso che consolidino la base delle future opere di difesa dai flutti.
Fate attenzione: siamo rimasti con in mano un milione e mezzo di metri cubi escavati e, da quando è stata preclusa la possibilità di utilizzarli per opere sottomarine di difesa dall’erosione marina di aree litoranee, non possiamo depositarli in mare. E dunque? Non resta che partire con un’opera preliminare: innanzitutto c’è da creare una ulteriore vasca di colmata. Il modo è questo: fra il “pennello” sud della foce armata dello Scolmatore e la vasca di colmata già esistente si realizza un argine così da ritagliare uno spazio che non sarà più occupato dal mare: lì dentro verranno scaricati i sedimenti e, in seguito, saranno consolidati per ricavarne piazzali, secondo una tecnica già sperimentata nel resto di tutta quest’area a ridosso della Darsena Toscana ma lato ovest.
Complessivamente l’operazione dragaggi toglierà dai fondali qualcosa come 17 milioni di metri cubi di materiali: la più grande di questo tipo fra quelle in un sol colpo, i cosiddetti dragaggi “one shot”. Non poteva essere diversamente: c’è da raggiungere quota meno 16 metri (e meno 17 lungo la zona dell’accesso). Per contenere questa enorme mole di melma e sedimenti è stato modificato ulteriormente il progetto iniziale: si è ampliato il piazzale – da realizzare consolidando la nuova vasca di colmata – che ospiterà il futuro terminal delle “autostrade del mare” nella seconda fase dell’operazione maxi-Darsena.

L’attesa del taglio del nastro
D’altronde, il problema dell’inadeguatezza dei fondali attuali – massimo raggiungibile 13 metri di profondità – è stata la strozzatura fisico-geografica che ha tagliato fuori Livorno dalle rotte delle flotte al di sopra dei 9mila teu. Mica poco, se è vero che vuol dire esclusi dalle grandi direttrici con l’Estremo Oriente, dove si concentrano i primi sei porti al mondo, e rimanere vincolati a un import-export principalmente con gli Stati Uniti, il che non è rassicurante nell’era dei dazi un giorno in mezzo al caos e l’altro pure.
La portata dell’opera la dà anche il fatto che la diga foranea esterna sarà lunga 4,6 chilometri, ricordano dal quartier generale dell’istituzione portuale labronica. Tanto per dare un’idea: fosse una passeggiata, sarebbe lunga assai. Lunga quanto? Poco meno della distanza che sul lungomare di Livorno c’è fra il cantiere Azimut Benetti e lo Scoglio della Ballerina a Antignano. La diga è composta dal nuovo molo di sopraflutto (Diga Nord) e, in sottoflutto, dalla nuova Diga della Meloria (quella attualmente esistente sparirà). Non è tutto: quasi due chilometri e mezzo di altre dighe interne serviranno anche per perimetrare ulteriori spazi dove sversare i detriti escavati dai fondali: si tratta di un milione 300mila metri quadri, quelle già adesso esistenti sono la metà (una settantina di ettari).
All’interno del gigantesco spazio della futura maxi-Darsena, il pool di imprese aggiudicatarie dell’appalto record ha contrassegnato con i propri vessilli il ritaglio che ora diventa fondamentale in questa prima fase dell’operazione dighe: secondo quanto si sottolinea da Palazzo Rosciano, nei prossimi giorni allestiranno quest’area a non molta distanza dal ponte sullo Scolmatore a sud del Calambrone: nel giro di sei mesi – viene ribadito – si costruirà la prima vasca di contenimento di cui si diceva. Ritaglieranno un pezzo di mare per trasformarlo in una nuova “cassa” in cui mettere i detriti escavati e intanto sulla sponda sinistra dello Scolmatore si occuperanno di irrobustire la strada di cantiere che corre in quel tratto.

L’ingegner Matteo Baroni, direttore dei lavori, firma il verbale di consegna dei lavori
Nel frattempo sono arrivate anche le firme. Appena prima del taglio del nastro, il verbale per la consegna dei lavori che aprono la strada alle nuove dighe è stato sottoscritto dai protagonisti di questa pagina di storia (e di quelle che si apriranno nei prossimi giorni): a nome della struttura commissariale della Darsen Europa, il commissario straordinario Luciano Guerrieri e la vice Roberta Macii, gli ingegneri dell’Authority Enrico Pribaz (come responsabile del procedimento) e Matteo Baroni (come direttore dei lavori), il coordinatore della sicurezza Fabio Verzoni e il responsabile dei lavori per conto del pool di imprese, Bruno Degrande. A questo punto, il primo camion da cava ha scaricato le prime pietre, ora tocca al resto.
Mauro Zucchelli