Sparite 4mila sedi d’impresa in 12 mesi in Toscana: Livorno (quasi) in controtendenza
Occhio ai dati del centro studi Cciaa, c'è qualche sorpresa
LIVORNO. Oltre quattromila sedi di impresa sparite nel nulla nell’arco di appena dodici mesi in tutto il territorio toscano: 4.294, se vogliamo essere precisini. E non stiamo parlando della fisiologia di tot saracinesche che si alzano e tot che si abbassano, per cui talvolta il saldo è positivo e talvolta invece no. Quello è un altro par di maniche: qui si guarda alla tenuta del tessuto imprenditoriale nel suo insieme, e su scala regionale le notizie non sono buone. Beninteso:
- ne rimangono ancora 391mila e dunque non è l’apocalisse;
- è una tendenza che riguarda tutta Italia e un po’ ovunque ha cancellato una impresa ogni cento esistenti;
- non è cosa di oggi, anzi è un dato strutturale che va avanti da qualche tempo, ma dopo la fine dell’emergenza Covid ha avuto una accelerazione, con qualche “se” e parecchi “ma”.

La sede della Camera di Commercio della Maremma e del Tirreno a Livorno
A tirar fuori queste cifre è l’ultimissimo dossier uscito fresco fresco dal “forno” del centro studi della Camera d Commercio della Maremma e del Tirreno, cioè di Livorno e Grosseto. A guardarci dentro, questi dati possono valere un check up allo stato di salute dei nostri territori: le cifre sono il “termometro” che misura la “febbre” nell’ultimo periodo, quello che va dai primi tre mesi di quest’anno in raffronto con lo stesso periodo dello scorso anno,
La diminuzione del numero delle sedi d’impresa è quasi ovunque: si salva solo Prato (ne ha 29 in più). Non è ovviamente inaspettato il fatto che ciascuno spicchio di Toscana abbia un andamento differente dall’altro, e non è inatteso che a soffrire di più sia la Toscana costiera rispetto a quella dell’entroterra: è da un bel pezzo che si parla di “due velocità” nello sviluppo toscano.
A passo di gambero troviamo realtà come Massa Carrara (meno 4,9%), e qui la crisi non è una novità: ma la sorpresa è il fatto di veder cancellata una ditta su 30 in provincia di Lucca (meno 3,3%) e una su 51 in quella di Pisa (meno 1,9%). Anche perché, al contrario, due territori costieri come Livorno e Grosseto che di solito hanno l’economia in affanno sono fra quelli che hanno sentito meno gli effetti della crisi più recente: in provincia di Livorno si contano 73 sedi di impresa in meno, idem nella Maremma grossetana. Il saldo è negativo: tuttavia, in rapporto all’arcipelago delle imprese esistente, a Livorno la flessione è dello 0,2% e a Grosseto di poco superiore. Come dire: in calo ok, ma cinque volte meglio dello standard sia nazionale che regionale.

Riccardo Breda, presidente della Camera di Commercio della Maremma e del Tirreno, che raggruppa le province di Livorno e di Grosseto
Anzi, a dirla tutta, se guardiamo alle sole imprese attive (cioè non semplicemente a quelle registrate nell’ “anagrafe” della Camera di Commercio), Livorno è – insieme alla solita Prato – l’unica ad avere un saldo positivo: nel periodo gennaio-marzo 2025 si sono contate 16 imprese attive in più rispetto allo stesso arco di tempo nel 2024. Poche, ma è un indizio da non trascurare.
Se poi si ficca il naso ancor più dentro il territorio, ecco che il numero di imprese effettivamente attive mostra qualche ulteriore indicazione utile: nell’area Livorno-Collesalvetti a distanza di dodici mesi si hanno 13 ditte in meno, dunque una sostanziale crescita zero (meno 0,1%), in val di Cecina 36 in più (più 0,5%) e in val di Cornia, cioè Piombino e dintorni 26 in meno (mezzo punto percentuale ma all’ingiù). A trainare la baracca è l’Arcipelago: 24 aziende in più, una differenza positiva dello 0,7%.
Ma torniamo a guardare il dato globale delle imprese iscritte ai registri camerali. Quest’arretramento non è una storia circoscrivile agli ultimi mesi: la riprova sta in un grafico del centro studi Cciaa. Se poniamo che fosse 100 la situazione nel 2020, ecco che nel primo trimestre di quest’anno siamo scesi a 98 per il territorio camerale che include le province di Livorno e Grosseto, più giù a 96,5 la media nazionale e ancor più in basso a quita 95,4 il dato della Toscana. Con una sottolineatura: fino all’estate 2022 forse per via degli aiuti Covid, fatto sta che grossomodo sia l’area livornese-grossetana, sia il dato nazionale che quello regionale restano allineati e all’incirca ancora attorno a 100 o poco meno. È dall’autunno di tre anni fa che le situazioni divergono. E a Livorno come in Maremma, una fetta di Toscana che la crisi la conosce bene, i guai sembrano essere meno pesanti che altrove.
Attenzione, qui stiamo fotografando le imprese che riescono a restare in piedi. Lo si può fare in mille modi: anche tirando la cinghia all’inverosimile pur di restare aperti, e questo magari perché il sistema economico tutt’attorno non ti consente di far assorbire dal lavoro dipendente la propria domanda occupazionale. Ti sei messo in proprio magari perché non c’era sbocco nel lavoro dipendente e con la liquidazione del babbo e qualche soldino di nonna potevi creare una ditta, lì sei rimasto perché è meglio quel poco che il nulla delle alternative.

Ecco la tabella contenuta nel dossier del centro studi Cciaa Maremma e Tirreno relativo alle sedi d’impresa nel primo trimestre 2025 (rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso)

Questo è l’andamento nel tempo (base 100 il quarto trimestre 2020): la linea con i quadratini blu scuro riguarda il territorio della Camera di Commercio di Livorno-Grosseto, quello con i truangoli arancioni è relativo al dato della Tioscana, quello con i cerchi verde scuro indica il dato a livello nazionale
Una suggestione la offre una indagine appena pubblicata da Confesercenti che parte con l’interrogativo: “L’Italia non è più un Paese per giovani imprenditori?”. Il motivo: «Nei comparti strategici del commercio, della ricettività e della ristorazione l’impresa giovanile è in caduta libera». In cifre: fra la fine dello scorso anno e l’era pre-Covid (2019) sono scomparsi «oltre 35.600 negozi, attività ricettive, bar e ristoranti guidati da under 35». Un calo del 22,9% che è più del quadruplo di quanto accaduto negli stessi settori alle imprese di chi ha più di 35 anni (meno 5%).
Bisognerebbe riuscire a vedere cosa avviene nel perimetro della nostra regione e città per città: anche perché quel 22,9% di diminuzione è particolarmente marcato in alcune aree del Sud ma anche in Toscana. Basti pensare che in Centro Italia la percentuale di calo supera il 25%, e che colpisce di più nella fascia dei centri intermedi, quelli fra 50mila e 250mila abitanti, cioè il cuore del sistema municipale diffuso che caratterizza proprio a Toscana. Dove, detto per inciso, l’indagine dell’organizzazione dei commercianti individua nei settori considerati un aumento dell’età media degli imprenditori che ormai supera la soglia dei 53 anni.
È indispensabile un approfondimento statistico puntale e dettagliato ma, come ipotesi sulla quale muoversi cercando le mollichine di pane nel bosco come Pollicino, si potrebbe considerare anche l’idea di un forte ricambio – all’insegna del nasci, non cresci ma ti arrangi un po’, aumenta l’affanno e poi presto muori (come ditta) – perché mettersi in proprio non richiede un master alla Columbia University, quasi mai si aveva più della terza media nella generazione degli ex operai trasformati in piccolissimi imprenditori negli anni del boom economico. Logico però che a casaccio non funzioni nulla: e se una passione aiuta a impegnarsi al massimo, c’è da capire se il diffusissimo amore per gli animali possa sempre e comunque dar luogo a un negozio dedicato alla cura dei nostri piccoli amici a quattro zampe.
Potrebbe autorizzare qualche supposizione in questa direzione anche un altro grafico del dossier del centro studi dell’ente camerale: mette l’accento sul fatto che, pur in una fase di bassa voglia d’imprenditorialità nell’era post-Covid, Livorno ha una “natalità” di ditte-bebè maggiore che altrove e, al tempo stesso, anche una “mortalità” maggiore che in altri territori.
In questa nuova leva di imprese c’è però un dato: complessivamente sono in calo, ma le società di capitali no. Né a Livorno né in Toscana e nemmeno in Italia: segno che, inutile dirlo, ce la fanno meglio a restare perlomeno a galla, se non a nuotare, le aziende più strutturate dal punto di vista della forma giuridica (e dunque probabilmente anche della dotazione d’ “ossigeno” in fatto di soldi e know how).
Mauro Zucchelli