E nel porto labronico l’amarezza delle piccole cose
LIVORNO – Dicono che sono chiacchiere d’agosto e forse è vero. Però è anche indubbio che in questi ultimi giorni dell’estate si è parlato molto – a ragione o a torto – dei traghetti e delle crociere sul porto labronico.
[hidepost]Si dirà: la lingua batte dove il dente duole. Ma il fatto è che mai come quest’estate si sono verificati problemi, disservizi e relative lamentele. Per almeno due volte alcuni traghetti di una compagnia importante per Livorno, la Moby, hanno avuto difficoltà varie – avarie, ritardi, dirottamenti altrove (su Piombino). Per alcune navi da crociera si è ripetuto il problema dei disservizi a terra. In particolare si è scatenata la polemica tra ACI e Comune sugli ingorghi che si sono creati alle uscite dal porto in coincidenza con i flussi di turisti sbarcati dalle navi. E a quanto pare l’apertura – anche se parziale e limitata – del varco Zara proprio per i flussi dei croceristi non ha risolto le cose. Se si aggiunge il pesante disservizio che è nato dallo spostamento della biglietteria dei traghetti Toremar in un bugigattolo poco più grande di un magazzino delle scope – spostamento avvenuto in piena stagione turistica, quando sarebbe bastato aspettare un mese per far le cose senza creare enormi disagi sia al personale che ai turisti – si ha il quadro di un porto dove anche la più semplice delle decisioni operative può essere sottoposta a un milione di veti incrociati o di conflitti di competenze.
A fronte di tutto questo le chiacchiere dell’estate si sono concentrate non sulla soluzione dei tanti piccoli problemi accennati, ma sulle grandi strategie delle poltrone. Sulle cene “segrete” al Castellaccio si è ricamato per giorni: e il pissi-pissi-bao-bao si è concentrato sulla eventualità di “golpe” autunnali per la Porto 2000, con ipotesi di un cambio della presidenza sponsorizzato sia dal partito egemone a Livorno sia dallo stesso vertice dell’Autorità portuale. Insomma, di tutto e di più: meno la dichiarata volontà di occuparsi delle piccole cose che fanno funzionare le grandi cose. Detto così, non è amaro?
Antonio Fulvi
[/hidepost]