Rimorchiatori: il paradosso di Livorno
LIVORNO – Premessa: la difesa del posto di lavoro è legittima. Ma sul come esercitarla, ci possono essere anche obiezioni. È quello che sta succedendo nel porto labronico per quanto riguarda il personale dei rimorchiatori dell’impresa Neri. La decisione dell’Autorità Marittima – la Capitaneria – di ridurre il servizio sul porto di due rimorchiatori rispetto agli otto precedentemente impegnati, ha suscitato la protesta da parte di un sindacato.
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“La situazione è insostenibile” ha scritto in una sua nota la CGIL locale – perché il taglio di due mezzi nel servizio giornaliero comporta “un ricordo ancora più esteso agli ammortizzati sociali rispetto all’intesa del 17 aprile scorso”. Si citano anche i 70 dipendenti dell’impresa che “si sono visti decurtare gli stipendi perché costretti all’inattività a causa la paralisi quasi completa del porto per l’emergenza Covid”.
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Fin qui la notizia. Ma minacciare l’agitazione perché a fronte del calo “quasi completo” – lo ammette lo stesso sindacato – del traffico e quindi della richiesta di rimorchio, va contro ogni logica: anche considerando che l’impresa sta continuando a investire in mezzi modernissimi (e costosi) ed ha tutelato il personale con i provvedimenti di legge (ammortizzatori sociali ma non solo). La riduzione del numero dei rimorchiatori decisa dalla Capitaneria – e non dall’azienda – è peraltro provvisoria, in attesa che i traffici possano riprendere come tutti sperano. Semmai il sindacato potrebbe e dovrebbe preoccuparsi di altre minacce: come la sperimentazione, in alcuni porti del Nord Europa ma non solo, di rimorchiatori senza equipaggio. La tecnologia non s’arresta e anche il mondo del lavoro non può né deve arroccarsi in difesa dei vecchi modelli, ma collaborare perché i nuovi non facciano vittime e creino invece le necessarie specializzazioni. Sui porti c’è già chi l’ha capito e si è adeguato con risultati accettabili. Confidiamo nell’intelligenza.
A.F.
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