Pulire il mare fa sempre bene ma…
Un lettore di Ancona, R.M. che ci segue – come scrive – da anni, ci ha inviato un ritaglio di giornale (allegato) e una domanda:
Cari amici della Gazzetta, vi leggo da anni anche nelle vostre battaglie per il mare pulito. Anche per questo mi ha sorpreso un lungo articolo apparso qualche tempo fa sul quotidiano “Libero” nel quale si sostiene che molte operazioni di grande intervento ambientale alla fine si risolvono con più inquinamento di quello che si toglie. L’articolo cita le famose dighe galleggianti oceaniche di cui scriveste anche voi. E allora?
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Caro amico di Ancona, il quotidiano di cui riporta la notizia si riferisce a sua volta a un sito internazionale, “The post” che ha fatto i conti sul costo delle operazioni in oceano per ridurre la cosiddetta isola galleggiante costituita da 14 milioni di tonnellate di rifiuti galleggianti.
È evidente che operazioni di questo genere comportano interventi di navi, rimorchiatori, probabilmente aerei da ricognizione, più interventi a terra per smaltire il raccolto. Il che comporta a sua volta consumi, motori che inquinano, eccetera. Ciò non toglie che su quegli ammassi di plastica (e non solo) bisogna intervenire: anche se è vero, come cita l’articolo, che ci si è istallato un ecosistema di crostacei, pesci e uccelli. Potremmo sbrigativamente dire che se le isole di rifiuti venissero davvero cancellate quell’ecosistema si trasferirebbe altrove. Ma più realisticamente, cancellare in tempi brevi 14 milioni di tonnellate di rifiuti che galleggiano nei nostri oceani ci sembra una delle tante utopie. L’unica vera cura è impedire che ne finisca altra spazzatura in mare: quella esistente la rosicchieremo piano piano, noi, i nostri figli e i nostri nipoti. Sperando che siano più responsabili di quanto non lo siamo stati ai nostri tempi.
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