I gioielli Cilp l’Intercontainer i progetti
LIVORNO – E’ la legge della jungla economica: per ripianare i debiti, se non ci sono altre strade, si vendono i gioielli di famiglia.
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La Cilp dei portuali livornesi ha avviato l’amara china vendendo – come noto – buona parte delle sue quote del Terminal Darsena Toscana alla Gip genovese di Negri. Ne ha ricavato un po’ di fiato, ma non le basta: adesso sul bancone delle offerte ci sono l’autoporto del Faldo, l’assai poco appetito “Livorno Reefer”, e l’ancor meno appetito palazzo del portuale, gravato tra l’altro da ipoteche e vincoli edilizi. Sembra logico che l’unica operazione con un minimo di polpa potrebbe essere quella del Faldo, con la vendita della parte immobiliare – si è parlato di una quindicina di milioni almeno – mentre sarebbe mantenuto l’asset operativo, che impiega un po’ di manodopera della cooperativa.
Ma a chi interessa il Faldo, con questi lumi di luna? Con il mercato dell’auto nella più drammatica recessione dell’ultimo mezzo secolo, e con lo stesso socio Koelliker a sua volta molto interessato a vendere la propria parte, il Faldo è come la bella dalle lunghe ciglia che – proverbio livornese – tutti la vogliono ma nessuno la piglia. C’è di peggio: proprio di recente l’ad di Fiat Sergio Marchionne ha chiesto formalmente al governo italiano attraverso il commissario europeo dell’industria Antonio Tajani di rivedere l’accordo di libera importazione dalla Corea del Sud delle auto, perché il primo anno di attuazione ha confermato una forte sproporzione tutta a favore delle auto coreane. Se l’UE o anche la sola Italia dovessero contingentare di nuovo le auto coreane, il Faldo riceverebbe una nuova e forse fatale cannonata nei denti, avendo ormai il proprio core-business nell’arrivo delle coreane Hyundai e Kia, ben più numerose delle giapponesi Mitsubishi e delle altre marche residue (le Toyota sono ormai stabilmente migrate alla Sintermar).
Alla Cilp lo sanno, e infatti i suoi vertici stanno disperatamente tentando tutte le diversificazioni possibili. E’ il caso del progetto Cambusa per avviare un service alle navi da crociera, unico traffico in crescita (per ora) nel porto labronico. Progetto che è venuto agli onori delle cronache solo per lo scontro che si è verificato sull’Alto Fondale con la Porto 2000, ma che ha radici e aspirazioni assai maggiori. Tanto che di recente il consiglio d’amministrazione dell’ormai semi-defunto terminal Intercontainer ha varato una modifica di statuto inserendo nella ragione sociale anche i servizi di catering e di altri rami logistici alle crociere: una speranza dettata dalla disperata volontà di aprirsi altri spiragli, un calcolo strategico già ragionato e con qualche base concordata con i brokers delle crociere, o che altro?
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