Enrico Rossi tra il caso Piombino e le sculacciate a Livorno
PIOMBINO – E alla fine, almeno sulle candidature a Piombino si sono decisi. La terna richiesta a più riprese dal ministro Lupi c’è: ne fanno parte il sindaco Gianni Anselmi, indicato sia dalla Camera di Commercio che dalla Provincia, il capitano di vascello (Cp) Nerio Busdraghi indicato dal Comune e l’ex sindaco di Rio Marina ed ex parlamentare Francesco Bosi, indicato dai comuni elbani.
Adesso l’impressione è che fare la terna sia stato tutto sommato più facile che mettere d’accordo il territorio e la politica sui nomi che sono stati espressi. Anche perché chi non è d’accordo su l’uno o l’altro nome ha subito utilizzato la recente sentenza del Consiglio di Stato andando a “sfrugugliare” titoli e competenze dei singoli.
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Enrico Rossi
E se per il sindaco Anselmi i sostenitori fanno valere la laurea in economia e la lunga battaglia politica e istituzionale per il rilancio del porto di Piombino – anche se gli avversari sostengono che sia stato raramente presente in comitato portuale – per Bosi in particolare si mettono in dubbio le “specifiche e approfondite competenze” che la suddetta sentenza richiede. Nel limbo Busdraghi: ha comandato a lungo il porto di Piombino, è un ufficiale delle Capitanerie e quindi non dovrebbero mancargli le competenze, tecnico-amministrative, anche se la sentenza del Consiglio di Stato può lasciare qualche ombra anche sulle sue qualifiche. Insomma, come sottolinea anche il vertice di Assoporti – vedi la nota – tra politica, professionalità, legge e interpretazioni della legge, le incertezze rimangono più numerose delle certezze. Come spesso accade in questo paese. C’è tra l’altro un “caveat” generalizzato: basta che un nome della terna non abbia le caratteristiche di comprovata esperienza richieste dalla legge per buttare tutto all’aria e lasciare il pallino in mano al ministro? L’abbiamo già scritto altre volte: nel paese del diritto, la certezza del diritto è sempre più una chimera, lasciando margini di incertezza che spesso vengono sbrigativamente risolti dai magistrati con la facile formula dell’”atto dovuto”.
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Torniamo ai candidati: dietro l’ufficialità delle designazioni, e delle più o meno puntigliose elencazioni delle competenze, ci sono come sempre i disegni della politica. E all’interno dei singoli partiti, i disegni delle correnti: dove nel Pd si scontrano renziani ed anti, e nel Pdl si fanno riferimenti – ma tutt’altro che unanimi – all’ex ministro Altero Matteoli, chiedendogli di spendersi presso Lupi per sbarrare la strada ad Anselmi (che invece godrebbe, come Luciano Guerrieri, commissario in scadenza del porto, della stima dello stesso Matteoli).
A complicare ancor più la vicenda c’è il retro-pensiero sulla seconda carica dell’Autorità portuale, quella del segretario generale; che come noto dovrebbe essere di esclusiva fiducia del presidente, ma di fatto rappresenta spesso una specie di “compensazione” in chiave politica, specie in un governo di coalizione come l’attuale. E intorno alla altrettanto lucrosa carica svolazzano tanti nomi, alcuni dei quali eccellenti. In calo le chances di Paola Mancuso, che peraltro dicono abbia fatto bene, c’è il mistero – nemmeno troppo misterioso, in verità – sul nome di Roberto Nardi, presidente uscente (o meglio, a rischio di essere spinto fuori) dalla Camera di Commercio. Nardi è una risorsa valida e nessuno lo mette in dubbio: come nessuno mette in dubbio che sia per carattere poco disponibile a farsi telecomandare, il che in politica non è certo apprezzato. Oggi mi dicono che stia combattendo su due fronti: per l’Authority di Piombino (segreteria generale, appoggiato in particolare dall’Elba ma anche da parte delle categorie economiche portuali e marittime); e per non darla vinta in Camera di Commercio, dove il “pronunciamento” alla sudamericana di Cna sembra tutt’altro che accettato da altre categorie . I giochi sembrano ancora aperti, si fanno sempre più duri: e i duri hanno già cominciato a giocare.
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Sulle vicende portuali livornesi è calato anche il “verbo” del presidente della Regione Enrico Rossi,ospite sabato scorso di uno dei think-tank del Pd labronico in vista delle primarie. Non c’ero e commento quello che hanno commentato i commentatori, ovvero i colleghi presenti: Rossi ha avuto bacchettate per tutta la classe dirigente storica – il che non è stato obiettivamente difficile – ma ha dato dell’addormentato anche all’enfant prodige del “new deal” Matteo Renzi. Sul porto ha ripetuto il suo mantra: la Regione ci ha messo più soldi possibile, sta ai livornesi saperli spendere, per i dragaggi, per i collegamenti ferroviari in Darsena Toscana, per rilanciare le crociere (stoccata a Roberto Piccini), per il piano regolatore del porto che finalmente sembra essere approvato (stoccata a Sandro Cosimi, visto che i ritardi sarebbero stati tutti del suo apparato), per la rivalutazione dell’interporto come retroporto (bacchettata a Gallanti: più supporto all’operazione Barbera e meno tentennamenti). Alcuni messaggi sono sembrati sublimali (in sostanza: Livorno sveglia, la festa è finita per tutti, compresi coloro che vivono del brumeggio dei partiti), altri ottimisti (nel 2014 ci sarà la ripresa? Bisogna capire come, signor governatore, visto che anche questa Finanziaria massacra il ceto medio, schianta con nuovi oneri pensionati ed abitazioni, mette in ginocchio i bilanci familiari del ceto medio e quindi i consumi). In sostanza: la politica è fatta anche e specialmente di chiacchiere e Rossi non ha deluso. Ha ripetuto anche che lui e la Regione controllano. Da chiedersi: chi controlla però i controllori?
Antonio Fulvi
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