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La Spedimar e la crisi

L’incapacità di fare squadra e la fuga dei containers vuoti – Il sogno del centro servizi – Ferrovie e crociere, occasioni perse

Gloria Dari

LIVORNO – Ha parlato forte e chiaro Gloria Dari, presidente della Spedimar labronica, nell’indicare le criticità del porto dove i principali traffici calano a fronte dell’aumento dei concorrenti. Ne abbiamo riferito sul numero scorso: ma val la pena di tornare su alcuni dei punti focali del suo intervento, riassumibili nell’incapacità di far squadra tra istituzioni ma anche tra privati.
Containers – Nel range dell’alto e medio Tirreno, ma anche del nord Adriatico, Livorno è l’unico porto che non registra aumenti di traffico e anzi ne soffre. Principale motivazione, la inadeguatezza dei fondali, la strettoia del Marzocco da anni in attesa di lavori, i costi dei servizi. Ma il problema vero è che non c’è spirito di cooperazione, in porto e nelle stesse istituzioni non c’è spirito di squadra, la burocrazia degli enti è un Molok che costa in termini di credibilità, di tempi operativi, di scelte. Livorno rischia di perdere anche – e non solo per la minaccia del P3 Network tra i tre più grandi armatori – i suoi storici collegamenti con il Nord America, proprio perché non offre economie di scala su tutta la catena logistica.
[hidepost]Il brutto segnale dei consuntivi di traffico è accompagnato da quello bruttissimo del reimbarco dei containers vuoti, che evidentemente le compagnie vanno a riposizionare in altri porti dove contano che più affluiscano le merci.
Centro servizi – Da anni gli operatori lo chiedono, da anni tutti lo promettono, da anni le cose vanno al contrario: come il caso dell’Agenzia delle dogane che dall’area dell’ex Borma (dove aveva trasferito gli uffici richiamandovi anche molte sedi di agenzie e case di spedizioni) è tornata al porto Mediceo, nella “location” più scomoda, meno accessibile e più lontana dalle merci. E ancora oggi, malgrado qualche progresso nell’informatizzazione, finanza, dogana, medico del porto, ufficio veterinario, pesa, polizia marittima eccetera hanno ciascuno sedi lontane l’una dall’altra: il che si traduce in costi che poi ricadono sulle merci: senza citare ancora una volta le guerre dei “pollai”, cioè tra operatori che invece di far squadra si rubano i traffici (sempre in calo) con il risultato di andare spesso fuori mercato. Il settore ro-ro è un esempio significativo: tanto più amaro in quanto era uno dei traffici trainanti.
Crociere – Nell’incontro con Gloria Dari se n’è parlato solo con un accenno, ma è un caso emblematico di fallimento tutto livornese. In due anni Livorno ha perso quasi la metà delle “toccate” e circa mezzo milione di croceristi malgrado la fortunata posizione geografica. Di chi è la colpa? Al solito, nessuno se ne vuol far carico. Ma hanno pesato le guerre tra Porto 2000 e Cilp, il nervosismo dei grandi brokers per certe iniziative considerate di concorrenza sui servizi a terra, la mancanza (ancora oggi, malgrado la piccola struttura realizzata all’Alto Fondale) di un vero comparto crociere con una stazione marittima all’altezza. Non aiutano le polemiche intorno alla privatizzazione della società e agli appetiti politici per la poltrona – in scadenza – di Roberto Piccini.
Ferrovie – Un porto moderno che guardi ad operare non solo nel raggio di pochi chilometri deve avere un sistema ferroviario alle spalle. E malgrado gli sforzi di Gallanti e dei suoi, che insieme alla Regione sembra abbiano finalmente sbloccato (ma a quando i lavori?) il collegamento tra banchine e rete, siamo andati sempre peggio. La Spedimar ricorda che avevamo collegamenti – oggi spariti – con Modena, Padova e Bologna, tutte zone di alto export che ovviamente sono passate ad altri porti. Non abbiamo ancora una linea diretta con l’interporto/retroporto e lo stesso terminal Darsena Toscana continua da anni ad aspettare un fascio di binari più efficiente che non arriva anche perché la vasca di colmata non riesce a diventare un piazzale. E ci fermiamo qui….

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Pubblicato il
5 Febbraio 2014

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