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Il TDT e il valore dei tempi

LIVORNO – Una pausa di riflessione fa quasi sempre bene per chiarirsi le idee. Nel caso della delibera del comitato portuale di Livorno, che – come abbiamo scritto sabato – ha allungato la concessione al Terminal Darsena Toscana di dieci anni, la riflessione si impone al di la delle dichiarazioni di facciata: sia quelle del portavoce del TDT, che ovviamente sottolinea l’importanza del prolungamento, sia quelle dell’unico a votare contro, il presidente della Provincia Giorgio Kutufà.
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Partirei proprio da quanto dichiarato da Kutufà, sia in comitato portuale, sia successivamente sulla stampa quotidiana. Voce che predica nel deserto, ha definito qualcuno l’atteggiamento del presidente della Provincia: perchè anche tutte le altre istituzioni – Comune compreso, presente con l’inconsueta partecipazione dell’assessore all’ambiente Gulì – hanno votato compatte per l’allungamento della concessione. E se non è sempre detto che l’unica voce rappresenti l’errore e la quasi unanimità il giusto, è anche vero che le argomentazioni di Kutufà possono essere logiche e di buon senso in una situazione normale (una concessione così importante merita – ha detto Kutufà – un piano industriale preciso: e inoltre di essere valutata dagli amministratori pubblici che verranno dopo le prossime elezioni) nella fattispecie rischiavano di allungare ancora tempi che sono già troppo lunghi nelle scelte tecniche del porto del futuro. Tempi drammaticamente dilatati per tutto, che spesso mettono l’imprenditore – e il TDT va considerato alla stregua di una grande impresa – nella disperata condizione di non poter programmare la propria crescita e i propri investimenti secondo le leggi – anche e specialmente temporali – che il mercato richiede.

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Il bravo Mauro Zucchelli, nel fare sul quotidiano Il Tirreno il resoconto commentato del comitato portuale, si è chiesto se la delibera sia stata un “terremoto politico-istituzionale”: e visto che a Mauro piacciono le iperboli, è stato tentato a rispondersi che si, il terremoto c’è stato. Mi sento, sia pure sottovoce, di dissentire: se di terremoto si può parlare, è stato fino ad oggi quello, strisciante e sottopelle ma non meno dannoso, della mancanza di interventi concreti e specialmente operativi per rendere il TDT in condizione di sviluppare tutta la sua potenzialità: ovvero l’allargamento della “strettoia” del Marzocco, l’allargamento e l’approfondimento della bocca sud dell’avamporto – vecchio “pallino” di Angelo Roma, anche in relazione alle negative esperienze delle “sue” Zim – la soluzione definitiva delle porte vinciane (queste ultime finalmente in funzione solo da tempi relativamente recenti) e la soluzione dello scandaloso stato del raccordo superstradale tra la Darsena stessa e il nodo dell’autostrada, ancora oggi disastrato. Ce n’è per tutte le istituzioni, anche se dal TDT hanno scelto da tempo di starsene zitti. Ma chi ha visto per mesi e mesi le gialle Paceco del TDT sconsolatamente a braccia verticali – quindi senza alcuna nave sotto – non può che dare atto a management e a soci del terminal di una infinita pazienza nei confronti delle istituzioni locali. Chiedere loro altro tempo e altri impegni prima di prolungare la concessione per quello che serve a garantirsi un ritorno degli ulteriori investimenti mi sarebbe sembrato tirare troppo la corda. Kutufà è un buon politico e l’ha potuto (o dovuto) fare. Sul piano tecnico e della programmazione per il futuro del porto sarebbe stata una jattura.
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
26 Febbraio 2014

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