Visita il sito web
Tempo per la lettura: 3 minuti

L’ANGOLO (del) MARITTIMISTA – Variare o no la destinazione d’uso di aree portuali?

Luca Brandimarte

Il nostro collaboratore e avvocato Luca Brandimarte, advisor for EU and legal affairs anche in Assarmatori, affronta oggi il tema riguardante la destinazione d’uso di aree portuali.

Roma – La nostra legge portuale (“L. n. 84/94”) definisce e ricomprende all’interno del Piano regolatore di sistema portuale (composto da un documento di pianificazione strategica di sistema e dai piani regolatori di ciascun porto) l’assetto complessivo dei porti facenti parte di un determinato sistema portuale (ivi incluse, dunque, le aree destinate alle infrastrutture stradali e ferroviarie nonché all’attività cantieristica all’interno dei singoli scali). Esso è pertanto lo strumento di pianificazione del sistema dei porti ricompresi nelle circoscrizioni territoriali delle singole AdSP.

[hidepost]

Nonostante la riforma della L. n. 84/94, ad oggi, si nota ancora una certa differenziazione, anche tra porti del medesimo sistema, circa il contenuto dei singoli Piani Regolatori Portuali (“PRP”). Se da un lato, infatti, tali piani si sostanziano in documentati (ed anche complessi) elaborati, dall’altro, questi documenti contengono talvolta solo una semplice planimetria del porto limitandosi ad indicare le destinazioni d’uso delle aree ivi indicate.

Ecco allora che tale discrepanza, specialmente se nell’ambito di uno stesso sistema, potrebbe produrre effetti in termini concorrenziali tra le imprese. Qualora infatti un PRP sia più “snello”, o comunque meno strutturato, un’impresa potrebbe – continuando ad operare nella medesima area portuale soggetta ad un’apposita destinazione d’uso – variare più facilmente la propria attività.

Se si considera poi che, secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, il PRP rappresenta un atto generale di programmazione mediante il quale l’ente gestore del porto stabilisce come utilizzare le singole aree portuali presenti all’interno di uno scalo – e che una corretta destinazione d’uso di tali aree sia funzionale all’ottenimento di una maggiore efficienza e quindi crescita dei traffici all’interno del porto – è opportuno domandarsi se ed in che modo sia possibile variare la destinazione funzionale delle aree portuali qualora ricorrano esigenze di modifica dell’assetto del porto in termini produttivi.

La risposta sta sempre nella L. n. 84/94 che prevede la possibilità per l’AdSP competente di variare le destinazioni d’uso di aree portuali, nonché di attivare un apposito procedimento amministrativo di modifica del PRP.

Gli strumenti in mano all’Amministrazione sono due: (i) la cd. “variante a stralcio” a cui ricorrere in caso di modifiche sostanziali del PRP; (ii) l’adeguamento tecnico-funzionale il cui ricorso è subordinato ad ipotesi che non alterano in modo sostanziale la struttura del PRP nell’ambito di un sistema portuale in termini di caratterizzazione funzionale delle aree (ad esempio, qualora sia necessario aggiungere una destinazione d’uso in un’area del porto a cui era già stata attribuita una determinata funzione).

In sostanza, dunque, la variazione del PRP (e quindi della destinazione d’uso di aree portuali) è soggetta al rispetto di rigorose norme di legge e non può avvenire in maniera surrettizia.

Calando la norma nel mercato, infatti, tale impianto serve a tutelare quelle imprese che decidono di investire in un determinato porto per intraprendere una certa attività su specifiche aree portuali sul presupposto che queste siano le uniche con quella destinazione d’uso nel rispetto di quanto previsto dal PRP vigente.

Ecco allora che, in questo contesto, è importante che tali investimenti siano tutelati nella misura in cui è sì possibile variare la destinazione d’uso di una determinata area demaniale ma solo ricorrendo agli appositi strumenti previsti nel rispetto assoluto di quanto previsto dalla legge.

Ciò anche al fine di non alterare e quindi nell’ottica di garantire il livello di concorrenza tra gli operatori in ambito portuale; livello che potrà essere mantenuto anche mediante una concreta attuazione della riforma portuale da parte degli enti gestori dei porti ricorrendo all’adozione di Piani regolatori di sistema adeguati.

[/hidepost]

Pubblicato il
24 Ottobre 2020

Potrebbe interessarti

Quando Berta filava

Non c’è niente da ridere: semmai da capire perché altre realtà portuali, in particolare non nazionali, ci stanno surclassando sia come adeguamento di strutture e fondali, sia come traffici. E fa male al cuore ricordare che fummo, con...

Leggi ancora

La vendetta e il perdono

Dunque, la solidarietà del presidente della Toscana con Luciano Guerrieri è durata, in ossequio agli ordini di partito, l’espace d’un matin, come dicono i francesi. Anche Giani, che aveva giurato di difendere Luciano alla...

Leggi ancora

Riforma e porti in vendita

Come volevasi dimostrare: le indicazioni (attenti: sono nomi proposti, non ancora promossi ufficialmente) per i nuovi presidentI di Autorità di Sistema Portuale (AdSP), peraltro significative sul metodo, hanno sturato il vaso di Pandora. Tutti...

Leggi ancora

So che sanno che sappiamo

Niente paura, il gioco di parole del titolo non riguarda voi lettori. Vorrebbe essere, appunto, un gioco rivolto chi continua a ritardare l’attesissima e indispensabile riforma portuale, con annessi e connessi. Sia chiaro che...

Leggi ancora

Drill baby, drill

La guerra dei dazi annunciata da Trump sta innescando una inedita rivoluzione non solo commerciale, ma anche politica. E le rivoluzioni, come scriveva Mao nel suo libretto rosso, “non sono un ballo a corte”....

Leggi ancora