L’ANGOLO (del) MARITTIMISTA – I Piani Regolatori Portuali saranno più “flessibili”?

Luca Brandimarte
Il nostro collaboratore e avvocato Luca Brandimarte, advisor for EU and legal affairs anche in Assarmatori, affronta oggi il tema riguardante i Piani Regolatori Portuali.
ROMA – Nell’attesa di un’uniforme adozione a livello nazionale dei Piani Regolatori di Sistema Portuale, ad oggi, il Piano Regolatore Portuale (“PRP”) sembra oramai essere riconosciuto come quell’atto generale di programmazione con il quale l’Amministrazione competente stabilisce criteri e regole per l’utilizzo delle aree portuali. La sua finalità, infatti, è quella di individuare le strategie e gli obiettivi del porto di riferimento delineando altresì quali siano le opere di grande infrastrutturazione e quale debba essere il loro assetto complessivo.
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Il peculiare scopo del PRP è dunque quello di assegnare – in ragione dei traffici e delle tipologie merceologiche che caratterizzano lo scalo di riferimento – “funzioni” caratterizzanti alle aree demaniali marittime ed alle relative infrastrutture. Ciò nell’ottica di valorizzare le potenzialità di sviluppo commerciale e la competitività del porto; competitività che oggi ancor più di ieri dovrebbe essere inquadrata in un’ottica di sistema.
Tuttavia, in aggiunta alla funzione caratterizzante assegnata ad una certa area demaniale, il PRP può riconoscervi anche una o più “funzioni ammesse”. A questo punto, è interessante cercare di capire se esista o meno un criterio per stabilire fino a che punto le attività relative alla funzione ammessa possano essere esercitate nell’area assentita in concessione rispetto a quelle concernenti la propria funzione caratterizzante.
Un utile spunto di riflessione, è stato fornito da un recente orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui la funzione caratterizzante sarebbe riferibile all’estensione dell’area destinata alla funzione specifica e non alla quantità delle merci movimentate.
Inoltre, i giudici amministrativi hanno precisato che in sede di valutazione del rispetto della destinazione funzionale caratterizzante, dovrebbe essere presa in considerazione l’attività complessivamente svolta in quell’ambito portuale dai singoli concessionari e non solo quella svolta all’interno di una singola area assentita in concessione.
In sostanza, quanto sopra sembra fornire un’utile chiave di lettura (pro-futuro) sull’interpretazione delle previsioni del PRP nel senso di una maggiore “flessibilità” dello stesso rispetto ad eventuali situazioni emergenziali (quale, ad esempio, quella tuttora in corso), nonché in relazione a possibili variazioni degli andamenti dei traffici.
Resta inteso che un’eventuale maggior flessibilità da parte dell’Amministrazione competente rispetto all’interpretazione delle previsioni del PRP, in particolare per quelle relative alle funzioni caratterizzanti dei singoli ambiti funzionali, deve sempre intendersi nel rispetto delle limitazioni in esso contenute.
Ciononostante, sembra chiaro come una tale “apertura” ben potrebbe permettere ai PRP di adattarsi più facilmente ad eventuali situazioni, anche emergenziali, che influiscono sull’andamento dei traffici permettendo così ai nostri porti (e quindi ai nostri Sistemi portuali) di restare competitivi sul mercato internazionale.
Insomma, questa maggiore “flessibilità” potrebbe essere presa in considerazione da parte delle competenti AdSP anche in sede di futura redazione dei relativi Piani Regolatori di Sistema. Il tutto, ad ulteriore dimostrazione di come l’evoluzione di “diritto” e “mercato” talvolta vada di pari passo anche nel nostro ambito.
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