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Lavoratori portuali: l’analisi del PCI Livorno

LIVORNO – Con lungo e articolato documento, il PCI livornese ha voluto sottolineare le problematiche dei lavoratori portuali “e le relative tensioni” in atto. Sintetizzando al massimo per evidenti ragioni di stazio, il documento afferma che “Va il nostro sostegno allo sciopero dei lavoratori di Intempo che del sistema sono l’elemento più fragile, più esposto alle ciclicità delle crisi che si ripetono e ai picchi di lavoro che sono naturali nel lavoro portuale; ma che in questo contesto vengono imposti anche da una deregolamentazione ormai strutturale, da una guerra di tutti contro tutti sul reperimento di spazi di lavoro anche là dove la legge non lo consente e soprattutto una gestione delle assunzioni nel nostro scalo che avrebbe già potuto dare sbocco professionale a dei lavoratori precarizzati da anni, se fossero state gestite con un’ottica complessiva di equilibrio di sistema, in un mercato chiuso e regolato.

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Un giudizio anche sulla crisi societaria dell’art 17 Alp “che dopo diversi anni vedeva finalmente la compartecipazione di tutte le aziende portuali nella propria compagine societaria, e un avvio di strutturazione aziendale come riconoscimento della sua centralità nelle dinamiche del lavoro portuale, dopo ricorsi giudiziari contro la sua creazione, reticenze e tentativi di liquidazione, è un segnale di come pensa il lavoro in porto la classe padronale. La natura di questa azienda con le sue peculiarità di monopolio nella fornitura di manodopera nei picchi di lavoro, elemento naturale della portualità, mostra quanto contrasti con l’ideologia liberista da cui la legge e scaturita, cioè sulla deregolamentazione selvaggia, sulla competizione sfrenata per creare una competizione di tipo capitalistico; da questo si comprende i continui tentativi di destrutturazione o di minimizzazione di quello che potrebbe essere in forma embrionale un nuovo modo di concepire il lavoro portuale e un tipo di concorrenza che non sia basato sull’abbattimento del costo del lavoro”.

Infine la crisi degli ex art 16 (appaltatori di manodopera) “che nel nostro scalo in questi anni sono aumentati di numero, e che ciclicamente entrano in crisi uno a discapito dell’altro, e tutti in concorrenza con l’art 17, restringendo sempre di più la linea di confine tra lavoro a chiamata e appalto che è regolato da specifica ordinanza, concorrono per l’abbattimento dei costi del lavoro, la deregolamentazione e alla segmentazione del lavoro portuale e sono il vero tallone di Achille, la leva attraverso i quali le classi padronali hanno disarticolato il lavoro portuale, secondo la logica sopra descritta. Inoltre se da un lato nel nostro scalo si e riusciti anche ad instaurare un regime di subappalto utilizzando gli ex art 16, andando oltre a nostro avviso ciò che la legge prescrive, dall’altro, forse neanche volutamente con il regime delle chiamate lunghe dell’ex art 17 si e creata per nostro conto la condizione ancora in forma embrionale di superare il regime di appalto”.

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Pubblicato il
13 Marzo 2021

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