I porti e le città in conflitto?

Nella foto: Il porto di Genova.
Ci scrive un operatore spedizioniere da Genova:
Avete scritto molto, in questi ultimi tempi, sulla classifica della Banca Mondiale che mette i porti italiani piuttosto male nell’Index di performances. Ho letto anche le varie interviste sul tema: ma solo qualcuno ha messo l’indice sul problema vero, cioè sul fatto che buona parte dei porti italiani è letteralmente “affogato” dentro città storiche, che lasciano poco spazio sia ai collegamenti stradali e ferroviari, sia all’espansione delle aree interne. Come si fa a paragonare porti del tutto nuovi, e quindi costruiti razionalmente sulle esigenze dei traffici moderni (vedi quelli cinesi in testa alla classifica) con scali come Genova, navi con le galee e per secoli operanti come porti-empori e non Gates? Non per niente le uniche soluzioni per i nostri scali sono di estendere le aree e le banchine verso il mare, con tutti i freni della nostra notoria velocissima burocrazia ambientale…
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Caro amico, la sua analisi è tecnicamente, economicamente e storicamente corretta. Basta vedere la foto allegata del porto di Genova per capire che la città – ma non solo nel suo porto – è un vallo quasi impenetrabile intorno alle banchine. Una risposta tutta nazionale viene, ad esempio, dal posto in classifica di un porto italiano nato dal nulla, Gioia Tauro, che è in testa nello stesso Index per l’Italia, malgrado le note carenze di collegamenti stradali e ferroviari del Sud.
Tutto ciò premesso, l’Index della Banca d’Italia sarà forse contestabile per molti altri motivi – e si è scritto che probabilmente lo è – ma punta a indicare lo stato dell’arte delle performances, senza indagare sui fatti storici. E così siamo messi.
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