Dal relitto della “Concordia” Piombino avvia il nuovo porto
Banchine a 20 metri di profondità e una piattaforma che potrà fare concorrenza a molti dei più grandi scali – I tempi e le ipotesi
PIOMBINO – Tra i tanti litiganti – peraltro con convinzioni differenziate: chi ci ha sperato, chi ha lasciato semplicemente correre – pare proprio che ad aggiudicarsi il succoso relitto della Costa Concordia sarà il porto di Piombino. Che a differenza degli altri scali vicini e papabili, in particolare Livorno e Civitavecchia, ha schierato a supporto del suo progetto le potenti batterie del presidente della Regione. E’ il governatore Enrico Rossi infatti che dopo aver inizialmente puntato su Livorno e il suo bacino di carenaggio, una volta resosi conto che a Livorno non si combina niente se non chiacchiere ha cambiato di corsa cavallo e s’è speso con tutto il suo peso su Piombino.
Ufficialmente parlando, quello di portare il relitto a Piombino è ancora un progetto in valutazione.
[hidepost]Ed è un progetto su cui filtrano indiscrezioni, ma niente altro: visto che lo stesso sindaco Anselmi e il presidente della Port Authority Guerrieri hanno le bocche cucite anche sotto tortura. Però in questo paese c’è sempre qualche segreto poco segreto, basta saper a chi grattare la pancia. Ed ecco che saltano fuori i dettagli. O almeno, le ipotesi di dettagli.
Il punto di partenza è il progetto di nuovo piano regolatore del porto di Piombino, approvato a suo tempo e sottoposto poi a svariate variazioni. C’è un elaborato (quello che pubblichiamo qui a fianco) che risale al 2006 a cura della Sogesid e che può dare l’idea di velleitarismi alla Rodomonte (mi si perdoni la citazione ariostesca) se non si adattasse invece all’improvviso alle indiscrezioni sul progetto Convoria. In sostanza: Piombino ha dovuto abbandonare il sogno di essere destinataria – con ottime entrate economiche – dei fanghi della Bonifica di Bagnoli. Ma con il nuovo affaire Concordia potrà non solo realizzare celermente la struttura delle sue grandi vasche di colmata davanti all’area Lucchini, ma articolare anche l’avvio del suo grande e nuovo porto con fondali a 20 metri che le consentirà non solo l’operazione relitto, ma anche di entrare nel novero dei porti capaci di ricevere le full-containers delle prossime generazioni. Che Livorno si chieda a questo punto per chi suona la campana è solo un eufemismo.
Se davvero l’idea è di utilizzare la struttura delle prossime vasche di colmata per farne un bacino provvisorio capace di ospitare il convoglio del grande relitto – non dimentichiamo che non contano tanto la lunghezza di quasi 300 metri e il pescaggio di almeno 18 metri, ma anche la larghezza amplificata dai cassoni di spinta che stanno arrivando dai vari siti della Fincantieri – Piombino avrà ottenuto il doppio risultato di aggiudicarsi il ricco bottino dello smantellamento, il finanziamento per la costruzione celerissima delle vasche in questione, e infine il successo strategico di poter contare – una volta sparito il relitto – su una grande darsena banchinata (e relativi piazzali) capace di accogliere navi a pescaggio fino a 20 metri. Per Luciano Guerrieri, che ha il merito di aver per primo ventilato al governatore Rossi la soluzione Piombino – sarà il trionfale coronamento del doppio mandato alla presidenza di quello che un tempo era un piccolo porto di solo servizio all’Elba, e domani potrà davvero competere ad armi pari – e con strutture migliori – non solo con la sonnacchiosa Livorno ma anche con il network degli scali liguri.
Come considerazione aggiuntiva, mi sento di concludere con una riflessione. Se Piombino avrà il suo grande porto essendo intelligentemente saltato sull’affaire Concordia, e se a Venezia la disinvoltura di Paolo Costa e i suoi agganci al governo consentiranno davvero di far nascere in mezzo all’Adriatico quell’assurdo della grande piattaforma offshore per i containers, a che servirà mai illudersi di poter avere una programmazione nazionale, o addirittura europea, della crescita del cluster portuale? Una riflessione che lascio ai più bravi e più competenti di me.
Antonio Fulvi
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