Crociere, ma è davvero un gran business?
Il consigliere di Cilp e dirigente di Ancip analizza le scelte del POT di Livorno e contesta il “monopolio” della Porto 2000

Vladimiro Mannocci
Vladimiro Mannocci consigliere di amministrazione di Cilp Livorno, interviene sul confronto-scontro per l’Alto Fondale e i progetti del POT in chiave nettamente critica. Ecco la sua nota.
LIVORNO – Nel nostro porto si sta vivendo una fase importante e delicata, come sono tutte le fasi di passaggio dove avvengono profondi e rapidi cambiamenti. In effetti la crisi, ha modificato le strutture economiche, produttive e finanziarie nel mondo.
Anche nel settore dello shipping e della portualità sono in corso cambiamenti strutturali senza precedenti, che stanno avendo ripercussioni sui processi organizzativi e logistici dei porti e dei loro hinterland. Programmare infrastrutture secondo logiche che hanno caratterizzato questo trentennio, cioè secondo la logica del “super ciclo”, per dirla con il professor Sergio Bologna, è anacronistico e dannoso per le prospettive di un porto e del suo territorio.
[hidepost]I tagli alla spesa pubblica e il fatto che l’autonomia finanziaria delle Autorità Portuali sia ad oggi solo un miraggio non aiuta le prospettive dei nostri scali rispetto ai competitors del Nord, ma anche del sistema portuale spagnolo.
Il project financing nei porti è di difficile realizzazione, anche perché gran parte dei finanziamenti servono per realizzare opere improduttive (dighe foranee, escavi dei fondali) ai fini dell’attività terminalistica. Savona è sotto la lente dell’UE perché ad oggi gli investimenti nel cosiddetto Terminal Maersk, sono prevalentemente pubblici. Figuriamoci se si realizza la disponibilità a sostenere investimenti per infrastrutture sovradimensionate, per le quali il rapporto fra investimento e messa a reddito dello stesso sono difficoltosi, se non impossibili.
Penso ad esempio al progetto di Piattaforma Europa di Livorno per come è prevista nel Piano Regolatore portuale da poco adottato. A La Spezia il preannunciato investimento che sarà effettuato dai soci di LSCT (Contship e MSC) per ampliare il terminal contenitori, ha condizioni reddituali molto diverse rispetto quelle che riguardano la Piattaforma Europa. La discussione che si è aperta sul Piano Regolatore Portuale e in seguito sul Piano Operativo Triennale, è purtroppo basata più su suggestioni che non su analisi o studi. Uno dei temi più discusso riguarda la destinazione d’uso dell’Alto Fondale che dovrà passare dalle attività commerciali a quelle crocieristiche. Gli attuali indirizzi si basano sulla convinzione politica che le attività crocieristiche debbano essere prioritarie rispetto a quelle commerciali. Tutto ciò sta avvenendo in totale assenza di analisi in condizione di “pesare” i diversi spettri merceologici presenti nel nostro scalo, il loro Valore Aggiunto prodotto in termini di creazione di ricchezza e di lavoro.
Per amor di verità dobbiamo dire che esiste uno studio abbastanza recente, commissionato dall’Autorità Portuale all’IRPET, che è rimasto lettera morta, forse perché nelle conclusioni, veniva sottolineato come, anche di fronte alla crisi dei traffici commerciali, le attività crocieristiche non sarebbero state in grado di sostituire il Valore Aggiunto prodotto dalle attività commerciali.
Purtroppo dobbiamo constatare come la dinamica di indebolimento delle attività commerciali non sia solo il frutto della crisi, ma di scelte politiche, economiche e di programmazione del territorio. Scelte che pagheremo con il passare del tempo, quando si creeranno le condizioni di superamento della crisi. Su questo piano esistono elementi di contraddizione fra l’analisi di contesto del POT, ed alcuni indirizzi del Piano Regolatore portuale.
Ad esempio sulle dinamiche del traffico dei contenitori e la previsione di costruire un mega terminal di capace di movimentare 3 milioni di teu. Applicando la classica formula di rapportare ad 1 punto di Pil il 2,5% di crescita di traffici di contenitori risulta che la saturazione di questa infrastruttura avverrebbe nel attorno al 2097. Se pensiamo alle previsioni di bassa crescita che tutti gli analisti stanno indicando anche nel lungo periodo le domande che sorgono spontanee sono: con quali risorse e in che tempi verrà realizzata la Piattaforma Europa, ma soprattutto a cosa serve un terminal in grado di creare un’offerta di 3 milioni di teu per Livorno? Ovviamente con ciò non dobbiamo abbandonare la scelta di sviluppo a mare, ma dimensionarla a quelli che sono obiettivi realistici e non onirici.
Lo stesso concetto vale per le dimensioni del terminal crociere (350.000 mq): Livorno avrà il più grande terminal crociere esistente al mondo in quanto supererà le dimensioni delle aree dedicate a questa attività nel porto di Miami, dove transitano più di 6 milioni di crocieristi. Già oggi i terminal italiani da cui transitano più del doppio dei crocieristi che transitano a Livorno, svolgono le loro attività in lay out molto più ridotti di quelli previsti nel P.R.P.
In questi mesi abbiamo sentito riferire, in modo petulante ed errato, solo il numero dell’utilizzo degli ormeggi dell’Alto Fondale, i famosi 46 e 47, descritti in modo tale da avvalorare la tesi che l’Alto Fondale, sia utilizzato in maniera superiore dalle navi da crociera che non da quelle cargo. Tutti argomenti risibili ai quali, possono essere contrapposti altri dati e cifre, nel caso in cui si dovessero aprire dei contenziosi in sede amministrativa o penale.
In queste settimane anche autorevoli rappresentanti delle istituzioni cittadine, hanno affermato in modo perentorio che, sulle attività delle crociere, esiste un monopolio detenuto dalla Porto di Livorno 2000, costituita, ai sensi dell’art. 6 della L.84/94 e dai successivi decreti applicativi, a questo scopo dall’Autorità Portuale . Occorre ricordare che nella legge non è previsto che per questo settore debbono esservi monopoli. Se pure sia consuetudine che nei porti operi un solo operatore, esistono realtà portuali dove, in questo settore, opera più di un soggetto. A Genova, l’operatore Schenone gestisce direttamente le proprie linee. Un caso particolare che però sancisce un principio.
La denuncia dell’anomalia rappresentata dalla “Porto di Livorno 2000”, per il suo assetto illegittimo proprio rispetto alla legge, non è per me un tema nuovo, in quanto questi argomenti l’ho più volte ripresi nel corso degli anni, sotto le gestioni dei vari presidenti e commissari dell’Autotità Portuale. Questa frammistione di ruoli che ha definito una zona grigia, sono stati anche alcuni dei fattori che hanno dato vita ad una delle pagine meno decorose della nostra storia, sulle quali si è aperto un filone giudiziario che sta facendo il suo corso. Ogni amministratore pubblico dovrebbe avere a cuore la tutela della concorrenza secondo le regole stabilite dalle leggi nazionali e comunitarie. Tale funzione, nei porti, dovrebbe essere assicurata anche dalle Autorità Portuali, attraverso un ruolo di terzietà, cosa che oggettivamente non avviene nel rapporto fra Autorità Portuale di Livorno, la sua società controllata, e il resto dei terminalisti ed operatori portuali. L’annuncio dell’avvio della procedura di vendita delle quote da parte dell’Autorità Portuale riporta questa situazione in un alveo di legittimità. La discussione si sposta sulla permanenza della presenza pubblica nella compagine societaria in misura totalizzante, oppure tale da garantire una presenza “vigilante”.
Secondo la legge, l’Autorità Portuale può detenere quote di minoranza solo nel caso in cui nella società costituita per gestire le attività crocieristiche siano stati collocati dei lavoratori “sovrannumerari”, cioè gli esuberi dell’allora costituenda Autorità Portuale, come previsto dall’art. 23 comma 5 della legge 84/94. A Livorno nessun lavoratore avente queste caratteristiche è mai stato assunto dalla Porto di Livorno 2000, ma sono stati tutti assorbiti da imprese terminaliste commerciali. Senza queste condizioni l’Autorità Portuale non solo deve cedere sul mercato le sue quote eccedenti il 50% ma deve obbligatoriamente procedere alla indizione di una gara di evidenza pubblica per “privatizzare” la società. Se poi alla gara si creeranno le opportunità per una presenza di soggetti pubblici nell’azionariato della Porto di Livorno 2000, ciò non può che farci piacere. Su questo tema esiste una giurisprudenza consolidata che va tutta nell’indirizzo sopracitato.
Vladimiro Mannocci
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