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A Livorno il porto e le (5) stelle

LIVORNO – I paroloni si sprecano: una beffa/Modigliani bis, la fine di un’epoca storica, comincia la vera democrazia. E sulla solenne legnata che il Pd ha preso perdendo il Comune di Livorno a favore del movimento Cinque Stelle, si è scomodato mezzo mondo, con sofisticate analisi socio-politiche. Ho letto un commento sulla fine del comunismo livornese persino su “Le monde”.
[hidepost]Per fortuna questo nostro foglio non è “Le monde” e nemmeno più modestamente “Il Tirreno”. Dunque possiamo prenderci il lusso di non strapparci i capelli: e di lasciare le analisi socio-politiche agli altri. Certo, per chi è in là con gli “anta” affiorano ricordi che la memoria storica sembra aver cancellato: come le piazze livornesi alla caduta del fascismo, quando in una notte la città fascista dei Ciano si ritrovò immediatamente figlia della scissione del Goldoni e del neonato Pci del San Marco…
Ripeto, niente analisi politiche, niente champagne o suicidi. Però bisognerà pur chiederci, da giornale livornese, che conseguenze potrà avere la caduta del consenso al Pd in questa città e in questo porto. Con il piccolo dettaglio che il segretario del Pd a Livorno è (o era, visto che ha parlato di possibili dimissioni) un portuale. Che la perdita di consensi sia stata anche in parte l’amarezza dei portuali livornesi abbandonati dall’Apparatik alla loro deriva verso una crisi economica e operativa che sembra senza fine? Una crisi che ha coinvolto tutto il porto, dove le cose si sono fatte con lentezza – sia colpa o no delle infinite burocrazie – e dove gli operatori hanno rischiato, rischiano e in alcuni casi sembrano aver deciso di passare la mano…
Già, e il porto? Fino a ieri, non si muoveva foglia che il Pd non volesse. Tutti i posti di potere sono coperti da uomini “benedetti” dal Pd, quasi sempre attraverso il Comune. Indipendentemente dal loro eventuale valore personale e professionale, parliamo di vertici dell’Autorità portuale, della Porto 2000, delle società derivate compreso il TDT, dei posti di controllo. Già da un paio di giorni, c’è chi ha spolverato le prossime scadenze: a fine anno quella della Porto 2000 e del suo consiglio, a primavera quella dell’Autorità portuale e del suo comitato, solo per citare le poltrone più appetite. Certo, c’è una volontà nazionale di accorpare su Roma la responsabilità delle nomine portuali affrancandole dai mercatini della politica locale: ma difficile pensare che il Comune sia tagliato totalmente fuori.
E allora? I tanti che a detta del gossip portuale stanno giù scaldando i motori in vista del fine mandato di Gallanti o del fine incarico Piccini alla Porto 2000 dovranno correre a Roma? Prima del patatrac pentastellato si davano in corsa per subentrare a Gallanti – per propria candidatura o per “acclamazione” di chi li conosce – nomi noti: tra cui lo stesso Massimo Provinciali, l’ex presidente di Piombino Luciano Guerrieri, l’ex presidente e oggi presidente Confetra Nereo Marcucci, persino un ex comandante generale delle Capitanerie, il molto apprezzato Marco Brusco. Che succederà adesso?
D’accordo, è ancora presto e deve passare l’estate, va digerito lo sconquasso, bisogna capire come sarà la riforma della riforma portuale. Gli inguaribili ottimisti sostengono che cambieranno anche i metodi di designazione, che la rivoluzione nazionale Renzi insieme alla rivoluzione livornese Nogarin e insieme alle sollecitazioni per la professionalità Uber Alles venuta dalla nota (e per adesso molto marginalizzata) sentenza della Corte dei Conti, potrebbero fare il miracolo. Vogliamo metterci anche noi tra gli ottimisti? Spes ultima Dea, dicevano i latini. Ovvero: noi speriamo che ce la caviamo.
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
14 Giugno 2014

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