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Zona franca a Livorno? I pro e i contro

Massimo Ricasoli

LIVORNO – Zona franca per il porto labronico: è una delle richieste – e sembra anche delle promesse – contenute nell’accordo di programma firmato dalle istituzioni locali con la Regione e il viceministro alle Infrastrutture. Se n’è parlato anche di recente in Camera di Commercio, con vari interventi tra i quali ha destato particolare interesse quello di Massimo Ricasoli, sostituto direttore dell’Agenzia delle dogane di Livorno, perché ha delineato vantaggi ma anche criticità del progetto. Così abbiamo cercato di approfondire un tema che può riguardare anche altri porti sui quali si è affacciata l’ipotesi.
[hidepost]Con Ricasoli, che è stato anche direttore dal 2011 prima del “pasticcio” nazionale dei mancati concorsi nelle Agenzie delle dogane e delle Entrate – un pasticcio che si spera possa essere presto risolto – abbiamo affrontato i vari temi connessi alla auspicata Zona franca.
In un momento tra l’altro particolarmente significativo per le dogane italiane, anche in relazione al “corridoio Ikea” e alla sua inaugurazione in programma per venerdì prossimo a Piacenza; occasione che vedrà anche un significativo dibattito, nei locali del polo logistico Ikea, organizzato dall’Agenzia delle dogane sul tema “La dogana per il mercato unico digitale” (previsti interventi di Teresa Alvaro, direttore centrale tecnologie delle Dogane, Rodolfo De Dominicis per UIRnet, Michele Elia Ad di FS e Michele Peleggi, direttore generale delle Dogane, con le conclusioni affidate al sottosegretario al MISE Paola De Micheli).
Partiamo dalla richiesta della Zona franca: lei ha parlato di vantaggi ma anche di problematiche, in riferimento alla realtà livornese.
“Ho già detto di recente che una eventuale scelta in tal senso ha aspetti sia politici che tecnici. Sui primi, ovviamente non ho competenza. Sui secondi, si tratta di creare una specie di enclave comunitario che possa funzionare come un deposito doganale allargato. Il che implicherebbe, ovviamente, di realizzare una cinta doganale allargata, soggetta a vigilanza come una frontiera, nella quale chi entra dal territorio circostante è oggetto di esportazione e chi esce di importazione”.
I vantaggi e gli svantaggi…
“Può essere considerato un vantaggio la non applicazione dell’Iva e degli eventuali dazi finché si rimane nella zona delimitata, come avviene per i depositi di temporanea custodia, privati o pubblici. Per quanto riguarda eventuali vantaggi fiscali, questi esulano dagli aspetti doganali che ci competono, ma vanno definiti – come dicevo – a livello politico nazionale”.
Però ci sembra di capire che ci sarebbero anche svantaggi non marginali.
“Alla luce delle attuali normative, il problema dell’Iva sarebbe semplicemente spostato nello spazio e nel tempo. Si riproporrebbe una volta che le merci escono dalla zona franca, come oggi accade con i depositi in temporanea custodia. Che sono una soluzione già possibile, e certamente meno complessa e costosa della creazione di una intera zona franca: come ho già detto, da cintare, controllare e rendere “impermeabile”. Come è già possibile, e ci si è mossi in questa direzione anche con l’Autorità portuale, la cosiddetta “banchina lunga” fino all’interporto Vespucci, che consente di avere il controllo doganale direttamente al Vespucci, nei suoi depositi”.
E’ solo un’ipotesi o ci sono già degli esempi?
“Abbiamo potuto sperimentare questa soluzione anche in occasione dell’arrivo di una partita di auto elettriche destinate all’EXPO 2015 di Milano. E credo che potremmo ulteriormente allargare la sperimentazione, quando ci sarà richiesta”.
L’Agenzia delle Dogane sta spingendo anche altre soluzioni per accelerare il passaggio delle merci dai colli d’imbuto dei porti: il pre-clearing è ormai sperimentato.
“Non solo per i contenitori, sui quali sta diventando quasi la norma: l’abbiamo sperimentato con successo anche sui ro/ro, dove ovviamente è condizionato all’istallazione degli appositi sigilli elettronici. Con la Tunisia, per esempio, siamo già a un buon punto. Entro la fine dell’anno dovremmo aprire al sistema anche lo sbarco delle auto nuove – un traffico molto importante per Livorno – accelerandone ulteriormente il passaggio nel porto”.
Si è discusso molto, in questi ultimi tempi, dei grandi “corridoi doganali” per il caso Ikea, con posizioni nettamente critiche di parte degli spedizionieri.
“E’ comprensibile che ci siano resistenze da parte di chi opera nella tradizione al cambiamento di un sistema che però presenta vantaggi indubbi di velocizzazione dei traffici. Anche con i “corridoi” si tratta semplicemente di alleggerire i controlli sui porti trasferendosi nei terminali di arrivo delle merci: dove gli spedizionieri, se si attrezzano, possono svolgere il loro lavoro senza perderlo”.
Alla luce di quanto sta avvenendo sia a livello di Unione Europea sia nazionale, come operatore doganale di lunga esperienza quale potrebbe essere il suo principale auspicio nel campo del suo lavoro?
“Vorrei che si proseguisse sempre più nella “dematerializzazione” del nostro lavoro, utilizzando al meglio l’informatica e riducendo sia la carta sia gli spostamenti delle persone. La strada è lunga, lo sappiamo bene, ma ci siamo già incamminati e i risultati sono già evidenti”.
E l’atteggiamento dell’utenza?
“In buona parte ci segue, perché ha compreso che è anche nel suo interesse. Abbiamo fatto il possibile, per quello che ci riguarda, con riunioni formative e l’illustrazione delle varie piattaforme da utilizzare. Modificare certe mentalità e certi sistemi di lavoro acquisiti da tempo non è sempre facile, ma è il prezzo da pagare perché tutto funzioni meglio.
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
27 Maggio 2015

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