I fondi alla portualità dal codice degli appalti
Con una gestione nazionale centralizzata
ROMA – Dal nuovo Codice degli appalti, che pure qualche preoccupazione sta destando tra gli addetti ai lavori, arriveranno fondi anche per i porti. Ci sarà una apposita sezione, dalla quale saranno anche tratte le risorse dello Stato per le Autorità di sistema portuali previste dalla riforma della 84/94.
[hidepost] La notizia, confermata dalle fonti di governo, ha una sua logica nel chiudere un sistema di finanziamento “a pioggia” dei porti, conferendo a un unico strumento centrale la programmazione degli interventi sui porti, in modo da poter anche valutare fuori dalle logiche locali l’effettiva utilità per il sistema Italia dei finanziamenti. Alla base della decisione c’è uno studio compilato dal docente di economia delle imprese marittime e portuali dell’università di Genova, professor Francesco Parola. Secondo i dati riferiti nello studio – che ha analizzato gli anni dal 2007 al 2013- i porti italiani hanno ricevuto 1,94 miliardi di euro in conto capitale, senza che i finanziamenti abbiamo radicalmente modificato la loro capacità concorrenziale. Anzi, di tutti i porti beneficiati – scrive il rapporto – solo quattro hanno avuto incrementi di traffici significativi: Civitavecchia, Salerno, Gioia Tauro e Olbia. E anche per il periodo successivo alla chiusura del rapporto, cioè negli anni 2014 e 2015, le cose non sono molto cambiate. Il nuovo principio si avvarrà del codice degli appalti dopo che i progetti presentati dai vari porti con richiesta di finanziamento pubblico (ma anche con impegni privati, per quello che si può capire) saranno approvati dalla “struttura tecnica di missione” del MIT, in stretto rapporto con il “tavolo di coordinamento nazionale dei porti” nel quale entreranno anche le Autorità di sistema portuale. Secondo Assoporti, siamo davvero a una riforma epocale, se sarà fatta funzionare come da promesse. Intanto al MIT proseguono a ritmo serrato le riunioni ai vai tavoli di concertazione per mettere a frutto le direttive centrali, in attesa che le commissioni parlamentari di Camera e Senato si esprimano “non oltre il 15 luglio” come chiesto dal governo.
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