Gestione Bacini al Salvadori
LIVORNO – Crescono le pressioni sulla magistratura perché venga dissequestrato il bacino di carenaggio galleggiante, tuttora bloccato dal relitto della nave “Urania” in attesa dell’ultima ispezione necessaria da parte dei periti del tribunale. Ma sono, secondo chi conosce bene il problema, pressioni inopportune perché sulla vicenda sia la Procura della Repubblica sia i singoli inquirenti non dormono affatto.
[hidepost]In un recente incontro alla Circoscrizione 1 del Comune, sul tema è intervenuto anche il segretario generale della Port Authority Massimo Provinciali sottolineando che non c’è stato disimpegno o disinteresse da parte di Palazzo Rosciano né della magistratura per i ritardi sulla liberazione del bacino, ma fattori di carattere tecnico-giuridico legati in particolare alla tragica morte di un operaio quando si verificò il sinistro.
“Il compendio dei bacini di carenaggio è sotto sequestro penale da quel funesto 25 agosto – ha detto Provinciali – possiamo fare tutte le petizioni che vogliamo, le sottoscrivo anch’io se serve, ma a chi le indirizziamo, alla Procura della Repubblica? Questo è lo stato dei fatti”.
Provinciali ha ricordato che dal giorno dell’incidente non é trascorso un solo giorno in cui la pratica è rimasta ferma: “Siamo in costante contatto con la Procura – ha detto – e siamo in attesa di conoscere la data in cui sarà possibile effettuare il sopralluogo limitatamente all’area in cui è attualmente appoggiata la nave, al fine di verificare l’entità e l’estensione dei danni. L’Autorità Portuale non si nasconde dietro a un dito: siamo i primi interessati a voler riprendere la gara. Questo è l’unica verità”. “Chi vi dice altro – ha aggiunto Provinciali – o non conosce le cose, e allora sarebbe il caso che si informasse prima di creare delle false aspettative, oppure lo fa strumentalmente speculando sullo stato d’animo dei lavoratori, sobillando uno stato di malessere che non ha fondamento nei dati di fatto”.
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Quanto dichiarato da Provinciali risponde anche alle esigenze di quelle imprese che, come quelle associatesi nel Consorzio Gestione Bacini, stanno soffrendo pesantemente la non disponibilità del bacino galleggiante. Peggio ancora sta andando per il cantiere Benetti, che per varare il suo ultimo 90 metri quest’estate ha dovuto mettere in piedi un’operazione complessa e costosa, caricandolo su una grande chiatta che è stata rimorchiata a La Spezia dove lo scafo è stato immesso in bacino, varato e poi di nuovo rimorchiato a Livorno. Un’operazione – viene sottolineato dai tecnici – che non potrà essere ripetuta senza effetti economici (e forse anche tecnici) devastanti per le tra grandi navi da diporto di oltre 100 metri che stanno nascendo nei capannoni azzurri della Benetti di Livorno, la prima delle quali dovrà essere varata all’inizio del 2018. “Se vogliamo che il lavoro su queste navi rimanga un patrimonio delle maestranze livornesi – ci ha confermato in modo lapidario l’AD della Benetti ingegner Vincenzo Poerio – è necessario che il bacino galleggiante e le aree connesse al sistema dei bacini tornino prima possibile a nostra disposizione”. La Benetti sta collaborando attivamente con la magistratura – ha detto ancora Poerio – che a sua volta è impegnata a fare prima possibile, con grande senso di responsabilità nei confronti del mondo del lavoro livornese.
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A sua volta, nell’incontro alla Circoscrizione 1, Provinciali ha anche risposto a chi accusa l’Authority sottolineando che non c’è alcun interesse a cancellare il comparto dei bacini. “Noi difendiamo il bando di gara pubblicato due giorni dopo l’approvazione del Piano regolatore portuale – ha detto Provinciali – e a quest’ora l’iter si sarebbe già concluso se non ci fosse verificata quella tragedia. Ora dobbiamo aspettare l’esito del sopralluogo con l’accertamento dei danni prima di poter effettuare qualsiasi tipo di valutazione, anche in merito alla procedura di gara attualmente in corso. Noi vogliamo riattivare i bacini, compatibilmente con le attività che stanno sorgendo in quell’area”.
I ritardi che si sono verificati nella “liberazione” del bacino galleggiante hanno creato e continuano a creare problemi ai riparatori, ma anche e specialmente per il primo cliente dell’impianto, il cantiere Benetti. Che per le operazioni di tagliando e manutenzione dei suoi più grandi scafi sta ricorrendo proprio in questi giorni al bacino galleggiante “Ercolino” della ditta Salvadori attraverso il Consorzio Gestione Bacini dei riparatori navali livornesi guidati da un’accoppiata di valore e di esperienza (Fiorillo e Nelli) che nella Salvadori sono entrati come azionisti.
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