La grande enorme sfida di “Raccordo”
PIOMBINO – A voler essere cattivi – e qualche volta è necessario – si potrebbe citare l’antico proverbio, secondo il quale anche le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni.
[hidepost]Ovvero: il grande progetto “Raccordo” (Rail access from coast to corridor) per enfatizzare l’utilizzo del cargo ferroviario nell’area logistica tra Livorno e Piombino con il corridoio scandinavo, è uno splendido insieme di intenzioni, ma che cozza con una altrettanto grande incognita: che interesse ha davvero l’azienda FS a svilupparlo? E in subordinata ipotesi: l’Italia ha le normative necessarie perché a fronte di un’eventuale “tiepidità” di FS a operare secondo “Raccordo” sia lasciata libertà di surroga a concorrenti privati, nazionali ed europei?
Entriamo in un campo, ne sono consapevole, irto di interrogativi e di incertezze. La dottrina ci dice da decenni che sulle grandi percorrenze e con grandi masse di merci uniformi (contenitori, automobili, cisterne, eccetera) il treno è nettamente più economico del Tir, se non ha rotture di carico. Quindi il tema “Raccordo” ha terreno facile se si tratta di vedere il sistema portuale Livorno-Piombino come specializzato (o da specializzare) per queste tipologie di merci. La dottrina ci dice anche – sempre da decenni – che sulle piccole e medie distanze, e dove le merci da far uscire dai porti (o da indirizzare sui porti) sono piccole partite, la ferrovia è nettamente meno competitiva, anzi non lo è affatto. Per di più in un paese la cui conformazione geografica è come la nostra, complicata da dorsali e centri di produzione spesso incassati dentro le città o in località impervie: dove il Tir alla fine arriva sempre, mentre la ferrovia non può avere un raccordo dedicato per ogni azienda o addirittura ogni città o interporto.
Tutto questo vuol dire che puntare su uno sviluppo ferroviario importante per raccordare il sistema logistico Livorno-Piombino può apparire poco più di una buona intenzione? Assolutamente no. Vuol solo dire – ed è importante non dimenticarlo – che essere inseriti nel corridoio strategico tra i due porti in questione e il nord Europa fino alla Scandinavia significa avere una nuova e importante opportunità per sviluppare grandi volumi di traffico su comparti omogenei (come citavamo: contenitori, automobili, casseforma, etc.) ma con due imperativi: quello che il servizio ferroviario si possa (e si voglia) sviluppare senza rotture di carico e in tempi concorrenziali con quelli del servizio su gomma; e quello che la rete integrativa su breve distanza (“scavalco” livornese, raccordi tra banchine e rete nazionale, binari dedicati sugli interporti e retroporti) venga fatta funzionare con criteri privatistici, a costi e tempi non da servizio statale di vecchia (e purtroppo, spesso anche attuale) maniera.
Ce la faranno i nostri eroi di “Raccordo” a imporre in tempi non storici tutto questo? La sfida è aperta. Ed è una grande, appassionante sfida.
Antonio Fulvi
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