Partono i tagli alle tasse sui porti di transhipment

Il presidente di Assologistica Marcucci: è una prima concreta applicazione dell’autonomia finanziaria che tutti chiedono, e insieme la difesa dalle distorsioni di scali del sud Mediterraneo

Nereo Marcucci
LA SPEZIA – Tasse portuali e di ancoraggio ridotte, anzi pressoché azzerate, nei principali porti italiani di transhipment. Cominciano a muoversi in questo senso, con apposite delibere dei comitati portuali, le Authority degli scali che hanno deciso di cogliere l’opportunità offerta dal “Milleproroghe” recentemente approvato. L’Authority portuale di Cagliari ha già deliberato di tagliare del 90% le suddette tasse, e analogamente stanno deliberando Gioia Tauro e Taranto, sia pure con qualche margine di diversità.

Soddisfatto Nereo Marcucci, riconfermato dallo scorso dicembre presidente di Assologistica e da tempo amministratore delegato del gruppo Contship Italia.

“Contro i fantasiosi suggerimenti di qualche Solone, che addirittura ha ipotizzato l’utilità di chiudere i porti di transshipment – dice con la consueta ironia Marcucci – il ministro Matteoli ha preso atto della distorsione della concorrenza in atto sul Mediterraneo per costi e garanzia totalmente diverse che esistono tra i grandi porti della sponda sud dell’Europa e quelli, in forte crescita, della sponda nord dell’Africa. La facoltà di tagliare gli oneri a carico degli armatori sui porti di transhipment (e non solo) italiani è un provvedimento che cerca di riequilibrare le cose – aggiunge Marcucci – in una realtà che, esemplificando al massimo, si presenta come quella delle due sponde di un fiume dove ci si offre sugli stessi traffici con leggi, costi, vincoli anche di sicurezza e regole sociali totalmente diverse, e tali da non consentire una concorrenza non distorsiva. E’ chiaro che in tempi di rarefazione dei traffici, i porti storici che operano con rendite di posizione non sono stati soggetti a fattori di distorsione della concorrenza come quelli di transhipment: e il risultato è che hanno subìto meno pesantemente la crisi. Del resto, la facoltà per ogni porto di gestire le proprie tasse portuali e di ancoraggio non è che la prima applicazione di quella “autonomia finanziaria” che le Authority italiane vanno da anni chiedendo con forza”.

Il presidente di Assologistica respinge anche le insinuazioni maliziose di un provvedimento governativo ad hoc per Contship Italia. “I veri vantaggi del taglio delle tasse portuali – ricorda Marcucci – vanno agli armatori, che possono così trovare costi più equilibrati rispetto ai tanti scali nord africani, e quindi all’intera logistica nazionale in tempi non certo di vacche grasse. I terminalisti al massimo possono averne riflessi positivi dal fatto che alcuni traffici non migreranno altrove”. E poi, via un sassolino (o macigno) dalla scarpa: “Non so se qualche centro di potere della portualità nazionale ha mai valutato davvero quale rischio stiano correndo tutti i porti italiani dalla crescita di offerta, a prezzi assai più bassi, dal nord Africa, peraltro alla stessa distanza rispetto alle rotte che attraversano il Mediterraneo e con proiezioni di crescita dei consumi assai maggiori dei nostri. Chi ipotizza irresponsabilmente di recuperare traffici chiudendo i nostri scali di transhipment peraltro – conclude Marcucci – oltre a voler cancellare 9.312 posti di lavoro in aree delicate, specie al sud, non capisce che tra pochi anni, superata la crisi, i porti più efficienti e a costi accettabili serviranno tutti; e proprio quelli di transhipment contribuiranno a richiamare di nuovo merci e ricchezza da ridistribuire anche sugli scali tradizionali”.

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