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La “guerra” per i bacini ancora accesa a Napoli

Secondo i Cantieri del Mediterraneo le nuove direttive metterebbero a rischio molti lavori – Il dibattito in corso tra le categorie e le istituzioni

NAPOLI – Erano i primi di questo maggio quando, alla comunicazione ai cantieri della Autorità Portuale dell’approvazione,  “http://www.porto.napoli.it/it/bacini/PDF/Regolamento Bacini(nuovo).pdf“, ovvero del nuovo Regolamento per l’esercizio dei bacini di carenaggio del Porto di Napoli, le maestranze delle imprese di riparazione navale preoccupate sul futuro occupazionale, dopo ore di forte protesta, ottenevano un incontro con il presidente Dassatti in Prefettura.

L’epilogo fu, come noto, un’apertura del presidente, suggellata dalla Prefettura con la convocazione di sindacati, imprese e Autorità Portuale per l’inizio di una concertazione.

Nel frattempo si è tenuta una conferenza stampa storica per il porto indetta congiuntamente da AMG; Cantieri del Mediterraneo; C.A. Miele; Cantieri Navali Megaride; CB Yacht Services; CMC; Consorzio Riparatori Partenopei; Demi; Di Palma; G&R Salvatori; Italiana Impianti; La Rocca;  Marintecnica; MArine Service; MEP; Miele; Miranda; MMC; Navitec; OMLI; ORLEM; ORNI; SIOMI; Tefin, nella quale venivano  rimarcati i termini del disaccordo con l’AP: per l’unilateralità del provvedimento e la mancanza di politiche portuali di supporto alle imprese impegnate a fronteggiare la pesante crisi economica. E già al termine della riunione in Prefettura – malgrado l’impegno formale della AP a costituire un Tavolo tecnico permanente, partecipato da tutte le imprese di riparazione del porto alla pari, per affrontare il riordino delle concessioni, l’installazione di un bacino galleggiante e la sistemazione di alcune opere infrastrutturali – tra le parti  si coglievano segnali divergenti sulle decisioni concordate: sospensione del nuovo regolamento, per riparatori e OOSS; periodo di “vacatio legis” fino al 1º giugno per il presidente Dassatti, per rettificare qualche eventuale criticità del nuovo regolamento a condizione di convincerlo.

Finora un confronto vis a vis c’è stato solo sul nuovo regolamento tra AP e Cantieri del Mediterraneo, quest’ultima identificata e convocata quale unico concessionario gestore dei bacini di carenaggio, mentre il 20 maggio un fax inviato alle altre aziende di riparazione ha invitato a fornire un proprio eventuale contributo da far pervenire entro 5 giorni sul tema. Sul fronte del Comitato portuale invece, la Provincia si è incontrata collegialmente con tutti i riparatori e le OOSS per informarsi direttamente sulle questioni aperte. Quindi scontento e preoccupazione aleggiano tra la maggioranza delle imprese di riparazione che sulle conseguenze negative del nuovo regolamento hanno idee molto chiare temendo di venir cancellate dal mercato, soprattutto per i seguenti punti:

– l’introduzione della figura di un gestore che svolge le proprie funzioni per conto dell’AP, che a sua volta fissa le tariffe e assoggetta al regolamento anche le aree demaniali, gli impianti e le attrezzature di proprietà del cantiere concessionario;

– la distinzione, introducendola, di una fase di prenotazione da una di domanda di immissione, prevedendo una riservazione anticipata del bacino fino a 6 mesi senza alcun impegno da parte del richiedente perché si tramuti in domanda di immissione;

– l’introduzione di una facoltà di gestione dell’AP nel valutare il cambiamento di turno della nave, escludendo completamente il concessionario dei bacini.

In tutta questa situazione chi rischia più di tutti è proprio il principale concessionario Cantieri del Mediterraneo – gli altri concessionari sembrano infatti essere esclusi dall’applicazione del regolamento – ma il presidente Dassatti invoca dalla sua anche gli investimenti che l’AP avrebbe fatto per i bacini in muratura in concessione. Su questo abbiamo chiesto spiegazione al diretto interessato, Luigi Salvatori, AD di Cantieri del Mediterraneo:

“I fatti purtroppo lo smentiscono – sottolinea Salvatori- perchè l’Autorità Portuale non ha mai speso questi importi, né tanto meno eseguito le opere a cui è impegnata nel contratto di concessione. Tutto è rimasto sempre e solo nel novero della carta e delle buone intenzioni! In ogni caso, se poi alla AP fosse consentito di seguire questo stesso processo decisionale per tutti quelli presso i quali ha investito o dovrebbe investire per l’adeguamento delle infrastrutture, si stravolgerebbero non solo le regole del mercato ma quanto fissato negli atti dei concessionari portuali!”

Giovanna Visco

Pubblicato il
29 Maggio 2010

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