Federico Barbera: i nodi del POT

Riteniamo significativo riportare alcuni passi del documento presentato all’assemblea di Assimprese dal presidente Federico Barbera. Eccoli di seguito.

Al fine di rendere facilmente identificabili i limiti operativi attribuibili alle autorizzazioni ad effettuare operazioni portuali ex art. 16 ovvero interi cicli terminalistici ex art. 18 L. 84/94 si richiede un chiarimento su cosa si intende con la parola “Multipurpose”.

Gli operatori di nostro riferimento sottolineano che occorrerebbe conoscere anche le priorità previste per i lavori di escavo, consapevoli del fatto che è possibile solo un primo intervento che dovrà produrre una quantità di materiale equivalente alla capacità di accoglienza della prima vasca di colmata.

A nostro parere potrebbe essere valutata la possibilità di rendere operativo un ormeggio sul Molo Italia Nord, prima di portare a 13 mt. l’intero lato sud oppure il 14A od ancora i lavori di allargamento del canale.

Non evincendosi chiaramente dal testo si chiede se sia possibile conoscere anche i tempi entro i quali si presume di avere la disponibilità delle risorse necessarie per l’effettuazione degli interventi previsti da cui conseguirebbe anche l’evidenziazione delle priorità e delle tempistiche di realizzazione.

In merito alla possibilità di pubblicizzazione degli ormeggi, le nostre aziende niente hanno da eccepire purché essa sia limitata a questioni contingenti e temporanee ovvero riguardi nuove concessioni e salvaguardi gli interessi delle aziende che operano in concessioni assentite a seguito di gare di pubblica evidenza. A parere della scrivente infatti , pur riconoscendo che la tutela delle norme di mercato possa suggerire la necessità di creare concorrenza per aumentare l’offerta ed il suo valore, non si possano, nel contempo, mai perdere di vista i diritti di chi ha, fin dall’inizio, accettato le regole del gioco, organizzando la propria attività così come previsto dalle leggi all’epoca. E’ chiaro ed evidente che comunque in presenza di ormeggi pubblici, le banchine asservite ad aree operative retrostanti (siano esse in concessione demaniale od in affitto all’impresa autorizzata ex art. 18), dovranno essere regimate in modo tale da garantire sempre comunque l’ormeggio al terminalista interessato.

Si vede con profondo interesse il progetto di un grande terminal multipurpose sulla Sponda Est che potrebbe nascere dalla sinergia tra diversi soggetti. Intanto il ns. associato CILP si rende disponibile ad iniziare un proficuo percorso di valutazione con tutte le aziende interessate al progetto, fermo restando, ovviamente, che nel frattempo dovrà essere garantita l’attuale operatività.

Occorre chiarire bene la destinazione finale dell’ormeggio c.d. “Bengasi”, anche se allo stato delle cose non sembra perseguibile alcuna soluzione che non tenga di conto dei diritti acquisiti e prevalenti della LTM.

Per le decisioni afferenti l’attribuzione di ormeggio alle navi da crociera sul terminal Alto Fondale al 46 e 47, si ritiene imprescindibile la tutela del diritto dell’attuale concessionario, individuando nel già sperimentato metodo di “accordo commerciale tra le parti” il miglior sistema di risolvere il problema.

Riteniamo indispensabile collaborare con l’Autorità Portuale per la salvaguardia del rispetto delle regole auspicando che da subito non si renda necessario piegarle ulteriormente seppure anche per nobili motivi. Le Aziende aderenti ad Assimprese, nell’interesse del Porto e delle aziende che in esso operano, si impegnano a ricercare soluzioni per eventuali insorgenti problematiche future, solo all’interno delle norme esistenti. Il non proliferare della creazione di nuove “gobbe” sarà a nostro parere propedeutico alla correzione, nel tempo e con occhio attento alle problematiche sociali, di quelle venutesi a creare nel passato.

Non si può comunque tacere la preoccupazione per le conseguenze che potrebbero derivare da un utilizzo di strumenti impropri per l’uso di banchine pubbliche, di concessioni provvisorie o anche solo di una diversa attenzione alla attuazione delle norme per il lavoro portuale, anche se messe in atto in emergenze socialmente rilevanti.

Una “liberalizzazione” di comportamenti spregiudicati nell’acquisizione di nuovi traffici, la cui fattibilità dovesse di fatto ricadere sull’organizzazione generale del Porto, non potrebbe che legittimare tale uso anche per altri soggetti, con conseguente caduta della “governabilità” del porto stesso.

Affiancare l’AP in questa opera di revisione e attualizzazione dei regolamenti è per la nostra Associazione impegno primario, così come, sembra di poter evincere dal testo del POT, lo sia per l’Autorità Portuale la strada del rigore.

E’ stato utilizzato un metodo che potremmo definire come…. “mettiamo con le spalle al muro l’AP“. Questo metodo prevede la sottoscrizione di contratti con armatori e il susseguente riversamento sulla Comunità Portuale (AP in primo luogo) del problema spazi ed ormeggi.

In più di una occasione, anche in mia presenza, è stato dichiarato dall’AP che nessun lavoro sarà mai rifiutato dal porto.

In aggiunta a questo concetto è stato più volte dichiarato anche che, comunque, prima di affrontare realmente problemi di spazi ed ormeggi occorreva essere in possesso di contratti sottoscritti che comprovassero l’acquisizione di nuovi traffici.
Fatta questa premessa occorre ora disegnare l’ambito in cui nasce il problema, perché le performance del “CABOTAGGIO RORO” a questo punto sono diventate un problema.

Nel settore operano la Porto 2000 (esclusivamente RORO pax) in area in affitto e senza autorizzazione ex art. 16; la LTM con area in concessione in Porto Industriale ex art. 18, avendo vinto una gara a pubblica evidenza ed essendo stata autorizzata preventivamente ex art 16; Unicoop Impresa con aree in concessione in Porto Vecchio ex art. 18 essendo stata autorizzata preventivamente ex art 16; Seatrag con aree in concessione sulla sponda Ovest della Darsena Toscana ex art. 18 essendo stata, anch’essa autorizzata preventivamente ex art 16.

Un quinto competitore, secondo voci, si sta per affacciare nel settore, la Sintermar, che non avendo trovato la sperata soddisfazione alle proprie necessità ed ambizioni nel settore auto, sembra stia corteggiando un importante armatore del cabotaggio, purtroppo già cliente del nostro porto.

Signori soci, occorre che in qualche modo Assimprese, la maggiore associazione di imprese e terminalisti del Porto di Livorno, si interroghi sulle reali possibilità del Porto di mettere a disposizione dell’armamento ben quattro poli RORO e di sostenerne le ricadute (siano esse positive sottoforma di acquisizione traffici che negative in presenza di perdite di traffici, crisi aziendali, problemi occupazionali).

La mia visione è proprio incentrata su questo convincimento e la politica da me suggerita e perseguita si sviluppa proprio sul sistema e significato di “Comunità Portuale”. Per il mio modo di vedere non esistono accadimenti che non ci riguardino direttamente.

Ed allora chiediamoci se il sistema dei terminal RORO così com’è oggi, sia compatibile con l’intero sistema e se così non fosse quali soluzioni (imprenditoriali e sociali) potremmo suggerire. Perché sia chiaro, non possiamo limitarci alla diagnosi essendo nostro dovere individuare specifiche terapie o interventi. Non ci sono colpevoli per il perché ci siamo venuti a trovare in questa situazione. Se volessimo essere obiettivi potremmo semplicemente limitarci a dire che è frutto della mancanza di coraggio dell’intera nostra categoria.

Ricordo a me stesso che nel momento in cui si mostrò più virulenta la crisi di Unicoop Servizi, l’intera comunità portuale scomparve lasciando, come si suol dire, il cerino in mano a Roberto Piccini, il quale scottandosi i polpastrelli, trovò una soluzione. Bella, brutta, scellerata o virtuosa, non lo so. Di certo è stata la migliore che gli sia venuta in mente e non dovrebbe essere stata neppure tanto peregrina se è passata in Comitato Portuale ed in Commissione Consultiva.

Regolata dall’applicazione coerente ed uguale per tutti delle norme. E neppure il mercato può essere considerato libero perché noi possiamo svolgere solo le attività per le quali siamo autorizzati. Aggiungiamo anche che neppure quello dei servizi complementari alle nostre attività è libero e con questo abbiamo chiuso il disegno.

Quindi dobbiamo comprendere l’esigenza della nostra associata Unicoop Impresa di crescere rispetto alla soluzione iniziale “inventata” per salvare non la sua esistenza ma quella della Servizi. Capisco anche la necessità e la giusta ambizione di Cristiano di crescere come impresa e come imprenditore, creare utili e recuperare gli investimenti fatti.

Tale recupero è legato ovviamente con la possibilità di avere la disponibilità di ormeggi e spazi per eseguire i contratti acquisiti.

Se, infatti, tutti si sentissero liberi di acquisire contratti senza sapere dove svolgere le attività conseguenti, sarebbe il caos. Ed allora che fare? Intanto proporrei di inviatare Unicoop Impresa a far conoscere alla comunità portuale il proprio sogno. Descrivere cioè, qual è il suo progetto definitivo d’impresa all’interno del quale svolgere le proprie attività, completando il disegno descrivendo anche su quali aree riterrebbe di poter svolgere il mandato dei propri armatori.

Di fronte ad un progetto definitivo, ragionevole e compatibile con il sistema, la nostra Associazione non potrà far mancare a Lucarelli ed alla sua Impresa, il proprio appoggio, sostegno ed assistenza affinché ciò si possa realizzare.

Esisterebbe un’altra soluzione, ben più ambiziosa ed, a parer mio, molto più lungimirante ma purtroppo potrebbe risultare al momento, ancora non matura nei tempi.

Le aziende interessate ai traffici RORO trovino tra loro un accordo per creare un “duo-polio” nel settore, garantendo così una pace attiva e virtuosa, con reciproca assistenza, che elimini completamente la concorrenza fatta sulle tariffe e garantisca al sistema il miglior utilizzo delle risorse disponibili.

Sarebbe importante impegnarci a fondo sul piano sindacale e proporre con coraggio la sottoscrizione di un contratto integrativo territoriale per il Cabotaggio che finalmente metta le imprese sullo stesso piano, dando alle stesse uguali possibilità di stare sul mercato ed ai lavoratori le maggiori garanzie. Competitività sull’efficienza, in accordo e cooperazione tra di loro, portando finalmente tranquillità sulle banchine e benessere alla città.

Come non occuparci della diatriba insorta tra TDT e Lorenzini e non menzionare le problematiche attinenti anche le vicende societarie della stessa TDT (senza, ovviamente, entrare nel merito di quest’ultime)?

Come avrete notato sono al primo punto del documento riepilogativo i chiarimenti sulle problematiche attinenti al terminal Multipurpose (di Lorenzini, aggiungo io per chiarezza).

Analizzo l’argomento sulla falsa riga della autorizzazione del TCO, che per ovvi motivi, ben conosco. Nell’autorizzazione e nella concessione a svolgere attività di Terminal Multipurpose, si parla di operazioni portuali in genere e di attività terminalistiche.

Le attività vengono elencate in modo specifico come ad esempio: merci alla rinfusa, contenitori, prodotti siderurgici, impiantistica, merci varie ecc. ecc..

Non vi è, e a mio parere non potrebbe esserci, alcun riferimento alla tipologia di navi utilizzate.

Insomma sono le attività “multipurpose” e non le navi che caratterizzano questo tipo di Terminalismo. Sono certo che anche l’autorizzazione del Terminal Alto Fondale della CILP sia regolato alla stessa maniera.

Non possiamo, come comunità portuale e associazione di categoria, non accennare alla nostra preoccupazione per le vicende societarie che stanno affliggendo TDT.

La nostra preoccupazione nasce anche dalla consapevolezza che il tavolo di mediazione che l’AP aveva fornito sotto forma di Osservatorio non esiste più.

E’ sparito quella sorta di paracadute, malgrado il problema continui ad essere un problema per il porto e per la città e non solo per le parti in causa.

Sulla privatizzazione delle banchine non mi sembra che ci sia niente da aggiungere rispetto alla sana e condivisibile posizione assunta nella precedente assemblea.

Salvaguardia dei diritti acquisiti, apertura condizionata al reale interesse generale del porto al mantenimento delle banchine pubbliche, assegnando però diritti di ormeggio riservato o preferenziale a chi svolge attività connesse al ciclo nave su aree assentite in concessione o COMUNQUE avendone titolo per l’utilizzo.

Abbiamo garantito il nostro sostegno al socio CILP per gli ormeggi 46/47 che dovranno restare nella sua disponibilità, avendo registrato anche da parte del presidente Raugei la volontà a garantire alla Porto 2000 una sorta di diritto di salvaguardia per le navi da Crociera nel periodo estivo, attraverso un accordo commerciale.

Analogamente dobbiamo garantire il nostro sostegno alla Mediterranea Trasporti affinché veda finalmente esaudita la propria vitale esigenza di entrare nella disponibilità di un magazzino coperto per eseguire il mandato dei propri dante causa. Il magazzino ex Bartoli è già una soluzione parziale ma di fatto è impedita da mille pastoie burocratiche che ne allontanano di fatto la disponibilità. Vicende poi veramente incomprensibili gli vedono negare l’uso di 500 mq (dico 500 e non 5 o 50 mila) nel magazzino dei Budelli. Propongo di inserire l’argomento nel documento.

Io continuo ad essere un convinto assertore della necessità di rivedere la cultura del lavoro nel nostro porto. Dai periodici incontri che ho con le aziende ed i rappresentanti dei lavoratori non posso non evidenziare ancora una volta la presenza di vecchie mentalità, da rimuovere e sostituire con più adeguate considerazioni sull’organizzazione del lavoro. Se il contratto nazionale di lavoro da una parte offre moltissime possibilità di flessibilità, a livello locale si incontrano posizioni che niente hanno più a che vedere non dico con il lavoro portuale ma addirittura con il nostro mondo.

Mi riferisco all’imposizione di rese in assenza di un lavoro a cottimo sostituito dal lavoro mensilizzato, alle leggende metropolitane delle ferie nella disponibilità dei lavoratori e dell’azienda, degli straordinari vincolanti per CCNL ma di fatto soggetti al libero arbitrio di alcuni lavoratori, del loro utilizzo a turni e non ad ore, della flessibilità soggetta al passaggio sotto le forche caudine di estenuanti e pretestuose trattative per la pattuizione di un compenso.

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