Oddio, il sistema dei tre sistemi…
ROMA – Anno nuovo, idee nuove. O meglio: idee non nuovissime ma espresse con rinnovata speranza. Tra le quali merita di soffermarvisi un attimo quella ribadita di recente dal presidente di Federagenti Filippo Gallo, nella più volte riportata assemblea di metà dicembre, dei “tre sistemi portuali italiani”.
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Gallo ha parlato, come noto, di riorganizzare il non-sistema portuale italiano (perché composto da cento monadi, ciascuna isolata dalle altre e spesso in concorrenza anche con veri e propri servizi-doppione) in tre sistemi articolati ed organici: Alto Tirreno, Alto Adriatico e Centro-sud. Questa nuova impostazione, ha detto Gallo, servirebbe a non sprecare risorse a pioggia, sia in campo pubblico che privato, facilitando il coordinamento tra gli scali e in particolare la loro specializzazione. Ad ascoltarlo, e a condividere l’idea, anche il sottosegretario ai trasporti Bartolomeo Giachino. Che da un po’ di tempo è l’inviato speciale del ministro dove si parla di infrastrutture portuali; più per prendersi dignitosamente – come in effetti sa fare – gli schiaffi in faccia delle categorie che non per sottoscrivere impegni ministeriali o riportare il Matteoli-pensiero.
Sul sistema dei “tre sistemi” – perdonate il bisticcio – ci sarebbe poco da obiettare. Se non fossimo in Italia, ovviamente; e se uno sciagurato proliferare di Autorità Portuali (ricordate che inizialmente non dovevano superare la mezza dozzina?) non avesse creato una tal baraonda da farci rimpiangere il passato delle Aziende Autonome.
C’è da chiedersi come Filippo Gallo – che pure è uomo pratico e non certo fuori dal mondo delle banchine – possa davvero credere nella sua proposta a fronte dell’attuale incapacità generalizzata di far marciare in sintonia anche i ben più piccoli (e in teoria gestibili) “sistemini” regionali o locali, proliferati intorno ai porti maggiori più nelle grida manzoniane delle istituzioni che nella realtà operativa. Gli esempi non mancano e ne facciamo grazia ai lettori.
Il problema di fondo, a quanto si dice, non è tanto rappresentato dalla mancanza di maxi-sistemi portuali, quanto dall’ormai pluriennale lesina dello Stato centrale – ma anche degli Stati regionali – di investimenti mirati sulle infrastrutture di banchina e retroportuali, a fronte di una pletora di soldi letteralmente buttati dalla finestra per compiacere esigenze clientelari, partitiche o di categoria che fossero. Siamo sicuri che in questa realtà la creazione dei tre “sistemi” porterebbe davvero a semplificare, razionalizzare, rilanciare? O sarebbe l’occasione per creare nuove sovrastrutture fasulle, clonando quanto già avvenuto quando la creazione delle Regioni avrebbe dovuto abolire le Province, e invece ci ha regalato le une e le altre, con una superfetazione non solo della burocrazia ma anche delle poltrone, delle ambizioni e delle spese pubbliche?
Certo, anche da parte del governo – e senza scomodare Giachino – ci sono state parole favorevoli al sistema dei tre sistemi. Ma le parole – dice un vecchio proverbio pisano – le porta via il vento e le biciclette i livornesi. Ovvero: teniamoci stretti questi porti un po’ troppi e un po’ troppo sciagurati, perché sistemarli in nuovi sistemi senza risolvere il problema di fondo delle risorse sa tanto di rimedio peggiore del male.
Gradiremmo ci fosse spiegato dove sbagliamo. E buon anno nuovo.
Antonio Fulvi
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