Pirateria in crescita militari sulle navi?
Lo stato maggiore della Marina italiana ha già un piano, ma rimane fermo nelle segreterie dei ministeri competenti – Gli armatori disposti anche a compartecipare alle spese

Marines Usa contro i pirati tripolini nell'800, solo con le armi si è riuscita a debellare la pirateria nel Mediterraneo.
ROMA – I primi consuntivi sono davvero sconfortanti: nei primi venti giorni di gennaio i pirati del Corno D’Africa hanno già sequestrato 31 navi con 707 marittimi, un incremento davvero preoccupante rispetto allo stesso gennaio del 2010, che già aveva segnato una forte crescita degli attacchi. Basti pensare che in tutto il 2010 le navi sequestrate dai pirati somali sono state 49 su 445 attacchi e con riscatti pagati per 238 milioni di dollari. Tutto questo malgrado il pesante impegno economico e militare di molti paesi per mantenere una flotta di navi da guerra nell’area.
Da qui la necessità di un cambio sostanziale di strategia: e in attesa che si possa attuare quella di colpire direttamente le basi dei pirati, ecco che lo stato maggiore della Marina Italiana ha varato un piano per imbarcare nuclei di militari (San Marco, incursori) sulle navi che transitano nell’area; e per la prima volta Confitarma ha detto di si, e negli ultimi giorni sta addirittura sollecitando il governo a dare il via libera all’operazione.
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Gioca forse a spingere su questa linea anche il fatto che nelle ultime settimane sono state attaccate ben otto navi italiane, che l’hanno scampata solo grazie alla vigilanza del personale ed alle manovre di disimpegno attuate mentre arrivavano gli elicotteri di alcune navi militari relativamente vicine. Ma agli osservatori è apparso evidente che si è trattato di una serie di fortunati casi, e che presto o tardi potrebbe ripetersi il dramma dell’unità di Bottiglieri, liberata dopo lunghe trattative solo con un forte riscatto.
L’uso di militari armati a bordo delle unità commerciali che transitano nel corno d’Africa non è del resto una novità italiana. Sebbene poco propagandato, il sistema è già utilizzato su navi cinesi, coreane, probabilmente anche Usa e – si dice – francesi. In alcuni casi si tratta non tanto di militari “regolari” ma di para -militari di agenzie di difesa, i cosiddetti mercenari. Cosa che non varrebbe per l’Italia dove sono le forze armate e in particolare i corpi speciali della Marina che si assumerebbero l’onere della scorta diretta. Unica limitazione – oltre a quella delle leggi, eventualmente da “ricalibrare” – il costo delle nuove missioni. Ma fatti i conti dei crescenti premi che le assicurazioni pretendono per la zona, Confitarma si sarebbe dichiarata disponibile a metter mano al portafogli. Il problema è adesso puramente politico: secondo il presidente del gruppo operatività di Confitarma Cesare d’Amico, la proposta è stata già avanzata da alcune settimane ma dal ministero degli Esteri – da cui si attende una risposta insieme al ministero della Difesa – ancora non c’è stato alcun segnale. E gli attacchi dei pirati continuano a crescere di intensità.
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