Suez ed il Maghreb in fiamme preoccupano porti e armatori
Si teme in particolare un blocco del canale che avrebbe conseguenze devastanti – Quali sono i traffici più a rischio se la normalizzazione dovesse tardare
ROMA – Alla Farnesina sono prudenti, anzi prudentissimi: perché una buona parte dei paesi del Maghreb dove infuriano le tempeste rivoluzionarie, hanno rapporti commerciali importanti con l’Italia e una dichiarazione poco diplomatica potrebbe comprometterli.
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Ma è evidente che le rivoluzioni in Tunisia ed Egitto, i tumulti in Libia e il fiammeggiare di focolai anche in buona parte dei paesi dell’est Mediterraneo, non lasciano certo tranquilli né gli imprenditori che hanno attività in quelle zone, né tantomeno le linee di navigazione che collegano i porti italiani a quelli dei paesi in fiamme.
”Bisognerà aspettare che si arrivi ad assetti definitivi – ha detto di recente uno dei più alti funzionari di Confitarma – per capire quali saranno i riflessi sui traffici marittimi nel Mediterraneo”. Più dirette le preoccupazioni di chi opera su specifici settori di import-export: gli spedizionieri italiani per esempio stanno monitorando tutti i porti dell’Africa settentrionale per capire quali problemi siano nati o possano nascere per il movimento delle merci. E così stanno facendo gli armatori delle crociere, che in alcuni casi hanno saltato le soste programmate sia a Tunisi che ad Alessandria D’Egitto, dirottando le navi in Turchia o in Grecia. “Misure precauzionali”, quelle adottate per le navi da crociera, ma senza calcare troppo la mano sulle preoccupazioni. La situazione è confusa e a nessuno conviene esasperare le cose. Però le preoccupazioni sono evidenti: e se una caduta delle forniture energetiche specialmente da Libia (che fornisce due terzi del fabbisogno petrolifero italiano) e dall’Algeria (che ha la spessa importanza per il gas) potrebbe far impennare i costi del settore, ci sono preoccupazioni anche per l’agroalimentare, importante e fino a poche settimane fa in forte crescita specialmente dall’Egitto.
E poi c’è Suez. Quasi in modo scaramantico, di un blocco del canale nessuno vuol parlare, perchè sarebbe un disastro per l’economia di tutta Europa; e anzi le autorità egiziane continuano a rassicurare la UE, sottolineando come il transito del canale sia importante anche per l’economia del paese. Ma non mancano le tensioni: esasperate tra l’altro dall’ingresso di due navi da guerra iraniane – che dopo un veloce dibattito hanno ottenuto il visto di passaggio dagli egiziani – che hanno fatto scattare l’allarme rosso degli israeliani, con tanto di allerta sia alla componente aerea che navale di Tel Aviv.
Volenti o nolenti, siamo dunque precipitati in una situazione di forti incertezze per l’intero Mediterraneo: dove l’Italia letteralmente “penzola” dal sud Europa, con i suoi terminali portuali ma anche con le sue coste meridionali tornate ad essere l’approdo di migliaia di “migranti” che fuggono dal Maghreb e dalle sue rivoluzioni. Quanto basta per riportare al massimo grado anche l’allarme sul fondamentalismo islamico. Con il timore che il “Mare Nostrum” diventi sempre di più “Mare Lorum”.
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