Pirateria un dibattito a Procida
GENOVA – Domenico Ambrosino, direttore di ProcidaOggi, ha mandato a Decio Lucano e al suo blog una sintesi del dibattito sulla pirateria a conclusione degli incontri con la vita del mare promossa dalla Guardia Costiera isolana, dalla Pro Loco, dall’Istituto Nautico e dal suo periodico. “Una protezione attiva” delle navi articolata in diverse modalità di intervento: nuove rotte, filo spinato, water jet gun, best management practices con l’imbarco di guardie armate a bordo o attraverso personale militare o con “contractors“.
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Tale provvedimento è in attesa di un decreto o disegno di legge da parte del Governo. Le proposte degli armatori sono state esposte dal dottor Luca Sisto, responsabile area trasporti di Confitarma e presidente vicario dell’Istituto Italiano di Navigazione. Procida sta pagando con 4 marittimi sequestrati dai pirati un doloroso tributo al nefasto fenomeno. Ma il Circolo Capitani e Macchinisti di Procida (festeggia il centenario il 16 luglio) è critico sull’efficacia delle guardie armate a bordo e più propenso alla realizzazione di “corridoi“ dove far navigare le navi in sicurezza sotto la sorveglianza di unità militari.
Il comandante Salvatore Scotto di Santillo ha ricordato che già nel 1996 proponeva una “educazione antipirateria“ con corsi ad hoc per gli ufficiali.
Nel corso dell’incontro è stato anche sottolineato che nell’isola, nel 1616 attraverso l’istituzione del Pio Monte Marinai, fu creato uno strumento economico per riscattare i marinai rapiti dai pirati.
Procida quindi si pone, come sempre ha fatto nella sua storia, a capofila di una “rivolta“ a difesa dei suoi e di tutti i marittimi che pagano il prezzo più alto nelle azioni di sequestro dell’Industria della Pirateria, soprattutto al largo di Aden e della Somalia.
Scotto di Santillo mi ricorda in una lettera l’emissione di un francobollo delle Poste Italiane nell’aprile 2003 dedicata all’isola per i meriti storici, culturali e naturali con una regia scuola nautica fondata nel 1833.
Il comandante Scotto lamenta lo stato di abbandono nel porto di Napoli della nave Bannock da lui comandata quando l’unità apparteneva al CNR (per 30 anni) e poi alla Guardia Costiera (come nave scuola per 10 anni) e che doveva diventare nave museo.
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