Arrivano in Mediterraneo le 18 mila Teu ma l’Italia sembra destinata ai soli feeder
Le grandi compagnie puntano sui porti nuovi della Turchia e del Nord Africa – Problemi non solo per le banchine e i fondali ma anche per le reti trasportistiche
ISTANBUL – Dalla Med Freight Conference che si è tenuta di recente nel primo porto della Turchia, è arrivata la conferma che entro un paio d’anni arriveranno alle compagnie di navigazione oltre 260 navi fullcontainers da “almeno 10 mila Teu”. E già nel 2013 il Mediterraneo si aprirà alle ultra large containers ship (Ulcs) da 18/20 mila Teu, tagliando fuori in questo modo la quasi totalità dei porti del sud Europa e la totalità di quelli italiani.
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Queste affermazioni fanno parte del report – ampiamente pubblicizzato sul sito della Conferenza di Istanbul – svolto dal direttore per gli investimenti portuali per il Mediterraneo di Apm Terminals, Mr. John Trenchard. Come noto Apm è il terminalista del gruppo armatoriale che fa capo a Maersk, la prima compagnia marittima del settore al mondo; la quale già opera con unità fino a 18 mila Teu, rimaste però al momento sulle rotte fuori dal Mediterraneo.
Secondo Trenchard, l’evoluzione dei traffici e la necessità di risparmi utilizzando i trasporti su grande scala imporranno l’ingresso in Mediterraneo delle full-containers più grandi già dall’inizio del 2013. Il tutto, ovviamente, se le attuali tensioni politiche e sociali in Egitto – che condizionano la sicurezza del passaggio nel canale di Suez – verranno rapidamente risolte.
Sono molti i parametri in gioco: compresa l’imprevista (fino a pochi mesi fa) nuova e pesante recessione in Europa, che potrebbe costringere le compagnie a nuovi accordi di slots charger, proprio con l’utilizzo di meno navi e più grandi. In ogni caso Trenchard ha sostenuto che nelle strategie commerciali che puntano sulle grandi navi di nuova generazione (da 10 mila Teu e oltre) i porti più adatti a candidarsi sono quelli nuovi del Nord Africa – sia orientale che occidentale – e lo stesso porto di Istanbul. Quest’ultimo sta diventando sempre più appetibile perché può “coprire” una vasta area dell’Europa orientale prevista in forte crescita – al contrario dell’Europa occidentale – e ha come garanzia l’economia turca anch’essa in fase di promettente sviluppo.
L’Italia continua ad essere messa male, e non solo perché sono solo due o tre i porti che teoricamente potrebbero accogliere le 10 mila Teu. Contro i nostri scali giocano anche i ritardi della logistica integrata, delle grandi reti trasportistiche in terra, e del disinteresse – reale al di fuori delle dichiarazioni di forma – di Trenitalia al trasporto cargo. Si aggiunga il fatto che i grandi terminalisti internazionali hanno provato a proporre investimenti sui nostri porti, impelagandosi in lunghe, defatiganti e perdute battaglie contro la burocrazia delle istituzioni, sia territoriali che centrali. Da qui il giudizio di Trenchard – ma non solo – di una portualità italiana che ha perso definitivamente il treno e può aspirare solo ai traffici feeder.
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