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L’autonomia finanziaria per i porti? Strumento economico, non politico

I “sistemi portuali” come razionalizzazione, ma senza altre “sovrastrutture” – Le potenzialità di Assoporti e le sue “operazioni sorprendenti”- La rivalutazione strategica della portualità italiana e le opportunità per l’alto Adriatico

TRIESTE – Non è solo perchè per il porto di Trieste è un anno importante; ma anche perchè il suo presidente Marina Monassi si conferma tra i personaggi della portualità italiana uno dei principali protagonisti per dinamismo, impegno e visione strategica. Lo si evince dalla parte avuta nella scissione in Assoporti.


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La sua visione è certo facilitata dalla “location”, che oggi sta diventando punto focale non solo della Mitteleuropa ma anche di uno dei corridoi più promettenti della logistica. E tuttavia la dottoressa Monassi ci ha messo molto del suo: maturato nelle non recenti esperienze alla stessa Autority con e dopo lo storico presidente Lacalamita, approfondito da una vocazione gestionale innata, da consolidate relazioni con le leve di potere locale e nazionale, e infine da una vivace intelligenza, cui non sono mancati i geni ereditari dal padre, famoso e capace ammiraglio.

Marina Monassi

A Marina Monassi abbiamo rivolto alcune domande, anche non facili in tempi come quelli attuali … e non sono mancate le risposte urticanti. Ecco l’intervista.

Come giudica i risultati del 2011 del suo porto, in relazione ai traffici e alle realizzazioni?

“Sono molto soddisfatta non solo dei risultati che vedono Trieste in controtendenza rispetto all’intera portualità nazionale con un trend di crescita generalizzato a tutte le principali tipologie di merce, ma anche e specialmente per il clima di proiezione positiva verso il futuro che si è ricreato all’interno dell’Autorità Portuale che presiedo. Un clima che è testimoniato anche da un fattore tutt’altro che marginale: la larghissima presenza di giovani in posizioni di assoluto rilievo nella nostra Autorità Portuale”.

Quali sono le previsioni realistiche per il 2012, anche in relazione alla “manovra” Monti e alle proiezioni di un calo generalizzato e il Pil europeo?

“Siamo consci della difficoltà del momento, ma tutti i nostri indicatori sono di segno nettamente positivo. Particolarmente significativi i trend di crescita del comparto containers e delle crociere che archivieranno un 2011 fortemente positivo, ma che proprio nel 2012 potranno finalmente dispiegare tutte le loro potenzialità, rappresentate da una unicità non da poco: per i containers fondali a 18 metri che rendono oggi Trieste appetibile anche per i grandi carriers intenzionati a riequilibrare l’asse di gravitazione dei traffici fra nord e sud Europa; per le crociere in primis dalla dimostrazione sul campo data in queste settimane ai grandi cruise operator e della possibilità di operare anche 3 o 4 grandi navi contemporaneamente senza problemi; dall’altro dall’essere l’unico porto adriatico senza problemi di fondali, di rischio nebbia e di congestionamento”.

Si è letto a più riprese che i progetti di potenziamento dei porti-containers di Venezia e Trieste se portati avanti entrambi sarebbero insostenibili e irrealistici in un arco così stretto di mare. Qual è il suo pensiero?

“Come detto, Trieste è l’unico porto a disporre naturalmente di fondali che consentono l’attracco delle grandi navi containers over 10.000 teu che oggi rappresentano in percentuale la maggioranza nelle flotte impiegate fra estremo oriente e mediterraneo. Quella del Molo VII è una realtà, da far ripartire con vigore attirando investitori e container carriers. Il tema della concorrenza con Venezia è quindi strumentale. Ad oggi nessun altro porto adriatico ha le caratteristiche di Trieste”.

Quale sarà la possibile influenza dello sviluppo dei nuovi paesi europei dell’Est su Trieste? E quale la concorrenza che può arrivare dai porti di Slovenia e Croazia?

“Sullo sviluppo delle economie dell’est europeo Trieste deve puntare con forza e con la convinzione che è mancata in questi anni. Ben differente il discorso relativo alla concorrenza dei porti di Slovenia e Croazia. Oggi come oggi i porti italiani escono sconfitti in partenza dal fattore tempo. Come il neo ministro per lo sviluppo economico, Corrado Passera, ha ribadito in piú sedi che il problema dello snellimento dell’iter delle infrastrutture è un nodo centrale per lo sviluppo del paese. Se non sarà sciolto molto probabilmente le conseguenze, anche per Trieste, saranno drammatiche”.

Il neo-ministro alle Infrastrutture Corrado Passera sembra abbia aperto le speranze a una qualche forma di autonomia finanziaria dei porti. Ha qualche informazione più concreta in merito e qualche eventuale suggerimento migliorativo?

“Siamo convinti che l’autonomia finanziaria sia la chiave di volta per favorire uno sviluppo della portualità italiana. Ma deve trattarsi di uno strumento economico, frutto di valutazioni caso per caso. Purtroppo questo tema è diventato negli ultimi anni anche a causa di contrapposizioni assurde uno slogan con caratteristiche piú politiche che economiche”.

L’ipotesi dei “sistemi portuali” che mettano insieme Autorità Portuali di bacino è stata più volte avanzata ma di fatto non ha prodotto alcun vantaggio concreto. Ritiene che sia attuabile, almeno in certe aree, o destinata a rimanere teorica?

“Anche in questo caso la risposta va cercata nel mercato. I sistemi hanno senso se il fatto di porre a comune denominatore piú porti si traduce in un vantaggio economico e in una razionalizzazione nell’utilizzo e del territorio e delle risorse. Nel caso di Trieste e di Monfalcone, a mio parere, queste condizioni esistono, ma vanno comunque respinti al mittente i tentativi di costruire su un piano di razionalizzazione ulteriori sovrastrutture”.

L’Associazione Assoporti ha vissuto, negli ultimi tempi, momenti di forte autocritica, con la messa in discussione anche di scelte di spesa significative (contratto Ansa) e con proposte – poi congelate – di cambi al vertice. Qual’è ad oggi la situazione?

“Credo che esista un equivoco di fondo da superare. Assoporti non è una associazione di imprese. E’ una associazione di Autorità Portuali, ovvero di enti emanazione diretta dello Stato, che provvede a designarne e nominarne i presidenti. Assoporti, a mio parere, ha una enorme potenzialità. In quanto sensore sul campo e sul mercato, deve essere la sede in cui i processi elaborativi delle riforme, le normative, i mutamenti strutturali e le posizioni vengono elaborate e fornite come contributo consulenziale al governo. Assoporti deve essere quindi un agile think tank. Su questo deve concentrare i suoi sforzi e le sue risorse, non certo investendole in operazioni di comunicazione sinceramente sorprendenti, visto che si chiede a un media di fare a pagamento quello che istituzionalmente dovrebbe fare normalmente. La comunicazione è una funzione essenziale di Assoporti, ma va fatta professionalmente con figure professionali di livello.

Nel generale quadro della “manovra” e delle prospettive prossimo-future, quali sono le priorità che i porti italiani dovrebbero sottolineare al governo?

“In primis una rivalutazione strategica dell’importanza dei porti per l’economia nazionale e anche per il gettito fiscale del paese. Quindi la necessità di compiere scelte strategiche relative ai porti corridoio, ovvero a quegli scali che saranno chiamati a svolgere un ruolo logistico prevalente lungo gli assi del trasporto comunitario; quindi una revisione in questa ottica delle funzioni di Autorità Portuali chiamate a svolgere un ruolo di coordinamento logistico globale”.

Lei è tornata al vertice dell’Authority di Trieste dopo un periodo significativo di interregno. Può indicarci quali sono stati i problemi che ha trovato risolti e quali le nuove criticità?

“A Napoli dicono “scurdammoce o passato”. Trieste oggi deve guardare al futuro. Errori? Ritardi? Certo ce ne sono stati e il porto ne paga le conseguenze. La verità è che oggi è indispensabile porre alcuni obiettivi prioritari di rilancio. L’ok del governo al finanziamento della piattaforma logistica che in questi anni si era persa nelle nebbie della burocrazia, è un segnale importante. Ma oggi siamo e sono chiamata a dare una risposta di fondo: che porto vuole essere Trieste? Ed è su questo che ci stiamo concentrando assumendo importanti lezioni dalla storia…”

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
24 Dicembre 2011

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