Bidoniade e il “Tifone” di Colotto
LIVORNO – Dunque, non c’è alcun inquinamento del mare; né i pesci dell’area – pescati con grande dispiego di mezzi e rullar di tamburi – sono contaminati. L’ha assicurato l’Arpat, e noi, con il minimo d’esperienza che il mare ci ha regalato, ne eravamo ragionevolmente sicuri.
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Sull’evento che ha portato alla caduta in mare dei famigerati bidoni dell’Eurocargo Venezia invece, è in corso un’indagine della magistratura di Livorno, che a sua volta si avvale dell’indagine tecnica della Capitaneria di porto di Genova. Quindi, sulla vicenda dovere ed etica professionale impongono di attendere le conclusioni. Ma una cosa è certa: il comandante dell’Eurocargo Venezia, capitano di lungo corso Pietro Colotto di Lerici, secondo le unanimi valutazioni degli uomini di mare ha operato con coscienza e professionalità portando a salvamento la sua nave e tutto il suo equipaggio in una delle peggiori burrasche registrate da anni sul Tirreno. La burrasca del 17 dicembre era prevista, si è scritto: forse Colotto doveva fermarsi. Ma dove? A ridosso della Corsica? Con una nave grande, moderna, in piena efficienza? Viene in mente l’immortale romanzo di Conrad “Tifone”: il comandante MacWhirr, pur di fronte al peggior tifone della sua carriera, sa che il suo dovere è affrontarlo e lo affronta, mandando a scatafascio il terrorizzato gruppo di lavoratori cinesi che trasporta ma salvando i cinesi stessi, la nave e il carico. E diventa suo malgrado un eroe.
Paralleli letterari a parte, chi va per mare sa bene che anche il più dettagliato dei forecast, ovvero dei bollettini meteo, non può indicare con precisione l’incrocio del mare e del vento in ciascuna zona di mare. Colotto sapeva che la nave avrebbe retto, ed ha avuto ragione.
Dai tracciati AIS (Automatic Identification Sistem) registrati dalla Capitaneria di Livorno, si rileva che infatti la nave ha tenuto bene la sua rotta, sia pure a velocità ridotta e con estrema attenzione alle “carovane” dei frangenti; finché non si è trovata in rotta di collisione con un’altra nave che veniva – anch’essa con evidenti problemi di mare e di vento – da Genova verso il ridosso della Corsica. Secondo il codice della navigazione, spettava all’Eurocargo Venezia cedere il passo, e così ha fatto, con una brusca accostata, il comandante Colotto. La sua nave, nella manovra dettata dall’emergenza, si è trovata con le montagne d’acqua su un fianco ed ha avuto una brusca abbattuta, che ha scaricato in mare i due semirimorchi, probabilmente non “rizzati” a sufficienza. Colotto è stato capace di riprenderla, la sua nave: rimetterla in assetto e a quel punto ha preso la cappa (una cappa “ardente”, come si dice), verificando che non ci fossero stati danni e in particolare che nessuno si fosse fatto male. Perché il suo primo dovere nella situazione è stato di salvare la gente e la nave. Poi, a problema superato, ha ripreso la rotta ed ha portato il suo ro/ro a destinazione, a Genova.
Secondo l’ipotesi di reato del magistrato livornese, dovrà essere verificato se con la manovra c’è stato rischio di naufragio, o colpa per aver perduto il carico. La parte tecnica dell’inchiesta, come detto, è della Capitaneria di Genova (competente come porto di arrivo della nave). Ma indipendentemente da ogni giudizio, due cose sono certe: la manovra di disimpegno per evitare l’abbordo con l’altra nave è stata necessaria ed è riuscita; e non ha messo a rischio la nave, né l’equipaggio, entrambi salvati senza danni.
Ci si può chiedere, in linea di principio, se sarebbe stato possibile evitarla con un’accostata anticipata e meno brusca, magari valutando prima dell’avvicinamento dell’altra nave le rotte di collisione. Ma nel pieno di una burrasca eccezionale, con vento più di 120 k/h, aria piena di acqua polverizzata, nave che rolla e beccheggia con colpi di mare che la fanno vibrare e rendono a tratti ciechi pure gli strumenti elettronici, anche le valutazioni visive e strumentali non sono come si può ipotizzare al calduccio, in un ufficio di città. Il contesto, come si dice, è fondamentale.
Come fondamentale è il risultato: poteva esserci un abbordo devastante, con due navi coinvolte in uno speronamento nella bufera e relativi morti. L’Eurocargo Venezia in alternativa poteva (se la manovra fosse stata sbagliata) rovesciarsi su un fianco, o perdere qualche uomo dell’equipaggio. Potevano infine esserci ben più gravi danni al carico con alcune decine di camion e semirimorchi finiti in mare.
Tutto questo non c’è stato: si sono invece persi quei maledetti bidoni, che hanno scatenato il mondo, a torto o a ragione (forse con un eccesso di catastrofismo, visti i riscontri ad oggi).
Ma mi sentirei di poterlo garantire: il paragone che qualcuno ha ingenerosamente lanciato è fuorviante, capitan Colotto non mi sembra affatto capitan Schettino.
Antonio Fulvi
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