Livorno, la grana del super-bacino conteso
Nessuna presa di posizione ufficiale: ma i riparatori navali contestano e chiedono chiarimenti – La prudenza dell’Autorità portuale che punta invece sulle navi
LIVORNO – Il superbacino di carenaggio di Livorno, ormai da quasi un decennio semi- inutilizzato e da un lustro inutilizzabile, è diventato una patata bollente per l’Autorità portuale. Che se l’era cavata, nella diatriba tra la riattivazione dell’impianto o la sua trasformazione in tutt’altro genere di sito – tra le ipotesi, la dismissione della barcaporta e la trasformazione in due grandi moli per le crociere – confidando nella perizia tecnica del RINa, che documentasse costi e possibilità di ripristino. Ma la perizia, lungi dal confermare la tesi sostenuta dalla stessa Authority di un ripristino per le riparazioni navali, ha virato decisamente verso la trasformazione della grande vasca in un bacino per il refitting e la manutenzione dei maxi-yachts.
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Tanto è stato l’imbarazzo della Port Authority che la perizia del RINa sarebbe rimasta segreta – o almeno riservata – se il quotidiano locale non l’avesse scovata tra le carte del Comune, al quale era stata passata per dovere di pianificazione. La polemica che ne è seguita è ancora in corso, e riprenderà fiato probabilmente nei prossimi giorni quando le istituzioni del territorio saranno chiamate a dare risposte concrete alla valanga di distinguo, di eccezioni e di critiche piovute sia sul RINa che sul suo studio.
Ovviamente non mancano i sospetti: come quello, ventilato da più parti, di uno “zampino” del gruppo Azimut-Benetti che ha commissionato lo studio e che nelle indicazioni del RINa vede accolte le sue aspirazioni di utilizzare la grande vasca per i maxi-yachts ai quali sta dedicando i progetti del prossimo futuro. Non è un mistero che il comparto di queste navi da diporto abbia il fiato corto nelle piccole e medie dimensioni (tanto che nel gruppo Vitelli il marchio in relativo affanno è Azimut, cioè quello delle barche medie, mentre Benetti marcia alla grande specie con le unità maggiori). E non è un mistero che si parla ormai di prossimi Benetti da 100 e più metri di lunghezza. Per tutto quanto concerne il loro allestimento, ma anche e specialmente le successive operazioni di manutenzione e refitting (che sono poi le più remunerative) le strutture del cantiere Benetti di Livorno non sono assolutamente adeguate. Per cui il bacinone risolverebbe tutti i problemi, creando anche un forte richiamo per le tante grandi navi da diporto che circolano nel Mediterraneo ed hanno relativamente pochi bacini adeguati. Contro il ripristino della vasca per le riparazioni navali, il RINa segnala che non ci sarebbero adeguati spazi di supporto a terra e che la resa economica – in rapporto al numero di grandi navi eventualmente clienti – sarebbe nettamente inferiore a quella dell’utilizzo con i maxi-yachts.
Il problema è che l’Autorità portuale di Giuliano Gallanti sembra vederla in altro modo: e c’è chi dice che si fosse spesa anche con impegni abbastanza spinti nei confronti dei riparatori navali di tutta la fascia dell’Alto Tirreno: compresi quelli di Genova che continuano a vedere la realizzazione del sesto bacino genovese come una chimera. Ovvio dunque che lo studio del RINa per il momento sia una specie di Araba Fenice ufficiale: nel senso che tutti ne parlano sui giornali e ne sono nate furibonde contestazioni anche da parte dei riparatori navali livornesi; ma che a cominciare dall’Autorità portuale che l’ha pagato, nessuno ne ha ancora detto una parola in chiave ufficiale.
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