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“Spending” sulle Autorità portuali non si applica (ma forse si potrebbe)

Assoporti tranquillizza, però rimane aperto il richiamo al contenimento della spesa – I dettagli del quesito del ministero delle Infrastrutture e le risposte

ROMA – L’applicabilità o meno delle disposizioni di riduzione degli organici stabilite dalla “Spending Review” alle Autorità portuali è stata oggetto di un vertice in Assoporti; dove – sulla base di una nota ufficiale del dipartimento della funzione pubblica alla presidenza del consiglio firmata dal direttore Maria Barilà – è stato evidenziato che le stesse Autorità portuali “pur rientrando tra gli enti pubblici non economici, si ritiene non siano direttamente destinatari dell’art. 2 del decreto legislativo 95/2012”.
[hidepost]Questa nota della Funzione Pubblica ha tranquillizzato le Autorità portuali che, come avevamo scritto nel precedente numero, temevano di dover “tagliare” il 10% dei dipendenti e il 20% dei dirigenti. Il problema è che in Italia la certezza del diritto è spesso soggettiva. E quindi la stessa nota della direttrice Barilà, che riportiamo più sotto nelle sue parti salienti, conclude mettendosi – come si dice – le mani avanti, cioè demandando a ulteriori chiarimenti la conclusione dell’iter. “Si reputa opportuno tuttavia – conclude infatti la nota – tenere conto, nelle raccomandazioni che il ministero vigilante vorrà adottare nei confronti delle Autorità portuali, del richiamato art. 2 del DL 95/2012 attribuendo allo stesso un valore di previsione normativa di indirizzo, in coerenza con le disposizioni generali di riduzione e contenimento della spesa pubblica introdotte nel medesimo decreto legge”.

* * *

“Si fa riferimento alle note prot. n. 12105 del 21 settembre 2012 e prot. n. 13567 del 22 ottobre 2012 con cui il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti chiede di sapere se l’articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, trovi applicazione anche in capo alle Autorità portuali.
Nelle richiamate note, si evidenzia che le Autorità portuali si configurano come enti pubblici non economici sia in base alla consolidata giurisprudenza sia secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 993, della legge 27 dicembre 2007, n. 296.
Altresì si sottolinea la natura privatistica del rapporto di lavoro dei dipendenti delle predette Autorità. L’articolo 6, comma 2, della legge 1994, n. 84 dispone, infatti, che alle Autorità portuali, dotate di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia amministrativa, non si applicano le disposizioni di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70 nonché le disposizioni di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 ovvero del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Inoltre, l’articolo 10, comma 6, della medesima legge 84/1994 prevede che il rapporto di lavoro del personale delle Autorità portuali è di diritto privato ed è disciplinato dalle disposizioni del codice civile libro V – titolo I – capitoli II e III, titolo II – capo I, e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa. Il suddetto rapporto è regolato da contratti collettivi nazionali di lavoro, sulla base di criteri generali stabiliti con decreto del ministro dei Trasporti e della Navigazione, che dovranno tenere conto anche della compatibilità con le risorse economiche, finanziarie e di bilancio; detti contratti sono stipulati dall’associazione rappresentativa delle Autorità portuali per la parte datoriale e dalle organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative del personale delle Autorità portuali per la parte sindacale.
A quanto detto, il ministero aggiunge che, in base alla legge istitutiva, per il funzionamento delle Autorità portuali lo Stato non contribuisce con risorse del proprio bilancio. Gli oneri di funzionamento, infatti, sono coperti attraverso le entrate derivanti da canoni concessori e tasse portuali riscosse dalle Autorità che risultano dotate di un proprio regolamento di amministrazione e contabilità approvato da codesto ministero e dal ministero dell’Economia e delle Finanze.
Il ministero ricorda inoltre che, sin dall’anno 2005, le predette Autorità sono state assoggettate a disposizioni di riduzione delle spese di funzionamento con la conseguenza che “la spending review è, di fatto, da tempo applicata all’interno delle Autorità portuali”. Al riguardo “nel periodo di riferimento 2001-2011, pur considerando che le Autorità portuali sono aumentate da 21 a 24, le voci di entrata corrente, ossia canoni demaniali e tasse portuali, sono passate da euro 110.922.547,00 a euro 375.402.218,00 con una variazione in aumento del 238%. Nel medesimo periodo 2001-2011, quindi prima del decreto-legge 95/2012, un andamento inverso hanno avuto, invece, le uscite. Con riferimento a quelle di funzionamento (spese per organi, personale, acquisto di beni e servizi), esse sono passate da circa euro 153.089.000,00 (per le 21 Autorità istituite nel 2001) a euro 141.566.019,00 (per le 24 Autorità portuali esistenti al 2011). Tale risultato (è stato), determinato da una forte riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi che è passato da 79 milioni di euro nel 2001 a poco più di 28 milioni di euro nel 2011 (…) deriva, appunto, dall’applicazione alle Autorità portuali di tutte le norme che (…) hanno comportato tagli considerevoli alle voci di spesa in bilancio”.
Rispetto, poi, alle spese di personale, il ministero evidenzia che nel 2001 le Autorità portuali avevano un numero complessivo di dipendenti (compresi quelli a tempo determinato e in esubero) superiore a quello del 2011 (1267 a fronte di 1246) pur essendo 21 Autorità e non 24 come allo stato attuale. Sottolinea altresì che la spesa per il personale, passa da circa 70 milioni di euro nel 2001 a circa 100 milioni di euro nel 2011, è aumentata sia in forza dell’incremento, nel decennio di riferimento, di circa il 24% del tasso di inflazione sia in considerazione della variazione nella composizione della dotazione organica del personale per la necessità di acquisire professionalità specialistiche per l’espletamento dei compiti attribuiti alle Autorità portuali dalla legge istitutiva.
Ciò detto, si prende atto della pregevole illustrazione di sintesi della situazione finanziaria complessiva delle Autorità portuali che denota una generale tendenza della gestione al contenimento della spesa, in conformità agli obiettivi di finanza pubblica perseguiti dal legislatore.
In merito allo specifico quesito sull’applicabilità dell’articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 2012, si evidenzia che le misure di riduzione ivi previste, anche in relazione alla terminologia utilizzata dalla norma per individuare le dotazioni organiche delle categorie di personale interessato, sono rivolte agli enti pubblici non economici, rientranti nell’ambito delle amministrazioni centrali, che sono tenuti ad applicare il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Tale interpretazione si desume anche dai richiami al predetto decreto legislativo contenuti nei vari commi dello stesso articolo.
Si aggiunge, inoltre, che la legge 84/1994 detta per le Autorità portuali una disciplina che si configura del tutto tipica e speciale, tant’è che le stesse Autorità sono escluse anche dall’ambito di applicazione della legge 70/1975. La predetta legge 84/1994 dispone, in più parti, vincoli che orientano l’attività di tali enti al rispetto dei principi di buon andamento e di economicità a cui devono ispirarsi tutte le pubbliche amministrazioni. Si vedano, in particolare, tra le altre, le disposizioni che vincolano i contratti collettivi nazionali di lavoro del relativo personale al rispetto della compatibilità con le risorse economiche, finanziarie e di bilancio (articolo 10, comma 6), nonché le previsioni secondo cui possono essere istituite ulteriori Autorità portuali, nei limiti delle disponibilità finanziarie di bilancio, mediante decreto del Presidente della Repubblica (articolo 6, comma 8). Rileva, altresì, la disciplina prevista in materia di vigilanza e controllo rimessa agli organi competenti.
In analogia a quanto già evidenziato dallo scrivente Dipartimento con parere prot. n. 895/15 del 21 marzo 2003, richiamato anche da codesto ministero, si ritiene che, in base al quadro normativo di riferimento e tenuto conto delle modalità di finanziamento delle Autorità portuali nonché della natura privatistica del rapporto di lavoro dei dipendenti delle stesse, detti enti, pur rientrando tra gli enti pubblici non economici, non siano direttamente destinatari dell’articolo del d.l. 95/2012.
Si reputa opportuno, tuttavia, tenere conto, nelle raccomandazioni che codesto ministero vigilante vorrà adottare nei confronti delle Autorità portuali, del richiamato articolo 2 del d.l. 95/2012, attribuendo allo stesso un valore di previsione normativa di indirizzo, in coerenza con le disposizioni generali di riduzione e contenimento della spesa pubblica introdotte dal medesimo decreto legge”.

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Pubblicato il
27 Ottobre 2012

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