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Gli interporti un’assise sul niente?

ROMA – Non per essere disfattisti, o peggio: ma alla luce di quanto dice Pierluigi Maneschi qui a fianco sugli interporti italiani, l’assise programmata per oggi mercoledì 23 dalla loro associazione qui a Roma all’hotel Nazionale, sembra più che altro il remake di quel celebre capolavoro di Marcel Proust “Alla ricerca del tempo perduto”.
[hidepost]Nel senso di andare a dare uno scopo ai troppi interporti oggi esistenti in Italia – ripeto: leggetevi quello che afferma qui a fianco Maneschi – oppure, se ci fosse davvero la volontà di razionalizzare il sistema, di andare a stabilire chi ha una ragion d’essere e chi deve cambiare destinazione e scopo.
Mi rendo conto che è quasi assurdo chiedere di ridimensionarsi o di cambiare target a strutture nate quasi sempre da scelte di sottogoverno più che di pianificazione; perché in molti casi di sottogoverno continua a trattarsi. E se il presidente dell’Unione degli Interporti Alessandro Ricci continua a sua volta a sperare che dai governi italiani arrivi un processo di razionalizzazione e di sviluppo internazionale (le sue visite in Francia per cercare il bandolo della matassa sono note), la realtà ci richiama purtroppo a un niente di fatto: comprese le volenterose ma sterili iniziative dell’ex sottosegretario Bartolomeo Giachino, vero e proprio sherpa destinato ad oggi a pestar acqua nel mortaio.
Ricci, come tutti sanno, opera da un interporto, quello di Bologna, che è tra i quattro o cinque davvero funzionali e capaci nella selva dei troppi italiani. Viene da chiedergli – ma una risposta sincera difficilmente arriverebbe – chi glielo fa fare a rappresentare un’unione così scalcinata e poco funzionale com’è l’UIR. Spirito di corpo, speranza di arrivare a una vera razionalizzazione funzionale del sistema, o solo una medaglietta da appuntarsi al petto, tanto per avere un po’ più di visibilità nazionale e internazionale?
Mi rendo conto che certe domande sono urticanti, e forse anche inutili nella morta gora della logistica nazionale. Ma l’occasione di oggi a Roma potrebbe essere importante. Se finalmente emergesse il coraggio di un’analisi vera, anche se necessariamente di lacrime e sangue.
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
23 Gennaio 2013

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