Se il POT diventa un colabrodo…

Nereo Marcucci
LIVORNO – Diciamoci che forse abbiamo capito male. E davvero, mi auguro – a questo punto – un po’ di rincoglionimento senile. Perché se avessi capito bene che tutti sparano sul POT appena approvato da tutti, e chiedono di cambiarlo, dovrei dire che ha ragione il vecchio proverbio labronico: secondo cui “le leggi di Livorno durano un giorno”. Per non dir peggio.
Nell’ultima settimana abbiamo sentito dire all’onorevole Altero Matteoli – dal pulpito in Camera di Commercio – che il POT va rivisto laddove assegna il bacinone di carenaggio ad Azimut e non ai riparatori navali. Poi abbiamo sentito ridire alla Cilp – pare per bocca di Nereo Marcucci – che l’Alto Fondale così come stabilito nel POT proprio non può andare solo alle crociere, e semmai ci vuole una “New Co” insieme. Anche il Comune ci ha messo del suo, prendendo le distanze dalla decisione – approvata nel POT dallo stesso Comune – di nominare un “advisor” per cominciare a valutare valori ed eventuali tempi di privatizzazione della Porto 2000.
[hidepost]Tre esempi, soli, ma ovviamente ce ne sarebbero altri. Tanto che viene da chiederci che cosa, alla luce dei fatti, il porto e la città intendano salvare di quel POT approvato all’unanimità poche settimane or sono. E da chiederci a che serve, a questo punto, un comitato portuale (con tanto di supporto preventivo della commissione consultiva) se poi gli stessi che nell’assise a palazzo Rosciano dicono si appena sono fuori dall’uscio attaccano con i distinguo. Della serie: un po’ di chiarezza, per favore…
Antonio Fulvi
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