Darsena Toscana Livorno, ecco cosa cambia
LIVORNO – Tante parole: anzi, fiumi di parole. Che hanno accompagnato negli anni la tragicomica vicenda di una Darsena Toscana, ai suoi tempi primo terminal del Mediterraneo per le navi full-containers, sottoposta a insabbiarsi per i detriti dello Scolmatore dell’Arno non contrastati dalle porte vinciane perennemente aperte.
E adesso, praticamente in “zona cesarini” per il porto, l’Autorità portuale è riuscita nel miracolo di mettere in fila una catena di competenze burocratico-istituzionali e ad avviare il processo dei fatti, quello di ripulire il canale tra la foce dello Scolmatore e la Darsena, in modo da trasformare la normalità delle porte vinciane aperte a quella delle porte vinciane chiuse. [hidepost]Nei giorni scorsi si è lavorato con le ditte specializzate (la Mast in primo piano) per risistemare i meccanismi di apertura e chiusura (con i “cardini”) dopo anni di fermo e dopo le due o tre botte prese anche di recente dai pontoni che trasportano gli scafi degli yacht costruiti nel canale dei Navicelli al mare. Se tutto sarà andato secondo i programmi, dalla prossima settimana le porte saranno “normalmente chiuse” e verranno aperte solo ogni tanto per far passare chiatte e pontoni destinati sia a Camp Darby (sempre meno) sia ai cantieri delle darsene pisane o da quei cantieri verso il mare. La manutenzione del tratto di canale che immette i Navicelli (e lo Scolmatore) in Darsena Toscana è stata appaltata alla Sales, che ha già lavorato per ripulire l’area di rotazione delle porte. L’apertura e la chiusura delle suddette spetta invece al Comune di Pisa attraverso la controllata Navicelli Spa.
Che si cominci con un equilibrio instabile, dopo anni di ripicche e di scontri di competenza, è evidente. Che però si cominci è altrettanto importante. Anche perché la chiusura delle porte vinciane – attraverso le quali si depositano in Darsena Toscana circa 30 mila metri cubi di fanghi all’anno, riducendo i fondali qualche volta con “gobbe” anche di 150 centimetri – potrebbe segnare finalmente un rilancio della Darsena Toscana e quindi dei traffici dei containers a Livorno.
Sono due infatti gli interventi che l’Autorità portuale in questi ultimi anni ha “dedicato” alla Darsena Toscana: la chiusura delle porte vinciane per salvare i suoi fondali e l’allargamento della strettoia del Marzocco (attraverso l’approfondimento dei tubi dell’Eni nel “micro tunnel” finalmente appaltato) che raddoppierà la luce del canale stesso, dagli attuali 70 metri scarsi. Secondo il presidente Giuliano Gallanti, l’allargamento consentirà l’ingresso a pieno carico anche delle full-containers di ultima generazione, da oltre 8 mila Teu. Secondo alcuni esperti tuttavia Gallanti è ottimista, perché i fondali non saranno ugualmente sufficienti e poi perché rimane il grosso problema della rotazione di uscita delle navi dalla bocca sud del porto, quando la poppa tende a spingersi verso la diga del Morosini (anche qui sono in corso di partenza importanti dragaggi: ma solo per 100 mila metri cubi mentre le valutazioni fatte a suo tempo dal comandante Angelo Roma e dal capo pilota Fiorenzo Milani parlavano di almeno 400 mila).
Può darsi che siano dettagli e che sia importante cogliere il segnale più significativo: dopo anni di pratiche, di burocrazia e di lunghe attese degli ok da Firenze e da Roma, finalmente intorno alla Darsena Toscana e per la Darsena Toscana si scava, si draga, si intercettano i canali d’insabbiamento, si rilancia. Siamo alle valutazioni del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: e in questo caso vorremmo vedere le cose secondo la prima versione. Perché per Livorno molti osservatori parlano di china pericolosa che ci spinge verso l’ultima spiaggia, quella del declassamento definitivo e irreversibile, sia pure in un ciclo di corsi e ricorsi vichiani che non può mai dirsi irreversibile.
Un’ultima annotazione: parlando con Giuliano Gallanti, nei giorni scorsi abbiamo colto nel presidente genovese del porto livornese, una forte volontà di risolvere in qualche modo anche gli altri problemi più urgenti ancora aperti – vertenza sull’Alto Fondale, riassetto delle aree crociere, iter del piano regolatore portuale – ma anche una certa stanchezza su quelle che ha definito “le baruffe dei pollai”. Ci ha detto che lo meraviglia molto il fatto che molti operatori portuali livornesi siano estremamente attenti a non rinunciare a una briciola indipendentemente dall’interesse generale del porto, anzi pure se il porto chiaramente dovesse rimetterci. Giudizio caustico? Forse, ma nemmeno troppo lontano a quello che a più riprese è stato espresso in altri porti verso gli imprenditori locali, vedi Luigi Merlo a Genova, Luciano Dassatti a Napoli eccetera. Si torna al problema di fondo: quello delle Autorità portuali che hanno relativamente poca autorità decisionale e sono affidate ai “balletti” delle rappresentanze di categoria da una parte e degli enti istituzionali dall’altra. Cosicché né l’una parte né l’altra si sentono davvero impegnati nella valorizzazione di un porto che alla fin dei conti non sentono “loro”. Aspettando la riforma, che avrebbe dovuto riformare anche questi aspetti e che invece sembra destinata a perpetuare il tutto.
A.F.
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