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Sul piano regolatore del porto di Livorno le procedure, le certezze e i vari dubbi

I lunghi tempi della burocrazia fanno temere nuovi ritardi – Per i dragaggi l’ipotesi di aumentare la capienza dell’attuale vasca di colmata – Il banchinamento della sponda est e i tempi per delocalizzare il TCO

LIVORNO – Ieri c’è stato, secondo programma, il comitato portuale dell’Authority labronica che ha deliberato tra l’altro anche l’atteso scambio di aree ai fini del miglioramento dei traffici tra il terminalista Lorenzini e il terminalista Livorno Terminal Mediterraneo, entrambi sul porto dei ro/ro intorno alla darsena 1. Mentre andiamo in macchina non ci sono ancora i risultati e ne riparleremo. Ma val la pena prendere l’occasione come spunto per alcune riflessioni sul porto livornese che dovrebbero essere oggetto di esame sia da parte dell’Authority che della città.
Piano regolatore – Come riferiamo a fianco, la giunta comunale ha approvato la “variante anticipatrice al piano strutturale e al regolamentico urbanistico” per l’approvazione del nuovo e atteso piano regolatore del porto.
[hidepost]E’ uno dei tanti passaggi necessari per l’esasperata burocrazia del settore. Eppure da anni si va chiedendo che la stessa riforma della legge 84/94 velocizzi queste pratiche abolendo passaggi che sono soltanto formali, cartacei e duplicativi. Qui invece si continua ad andare lemme lemme, come se la faccenda fosse una scocciatura o poco più. Gli operatori ovviamente sono rabbiosi, e non da ora. Il timore è che quando ci sarà la ripresa – se ci sarà- Livorno si presenterà con lo stesso porto di mezzo secolo fa o quasi.
Dragaggi portuali – L’Autorità di Giuliano Gallanti e di Massimo Provinciali ha messo in cantiere una serie di gare e in alcuni casi ha assegnato anche alcuni dragaggi importanti: le banchine a pescaggio zero del molo Italia, l’allargamento e l’approfondimento del canale di accesso alla Darsena Toscana del Marzocco, la rimodellazione dei fondali della stessa Darsena Toscana, i centomila metri cubi alla bocca sud del porto ed altri interventi minori. Ci si chiede da più parti dove potranno essere scaricati i fanghi di questi dragaggi, visto che la vasca di colmata è pressochè piena (grazie anche all’impegno assunto dalla precedente gestione della Port Authority ad accogliere 100 mila metri cubi di dragaggi di La Spezia, che hanno consentito a quel porto di fregarci 200 mila passeggeri delle navi da crociera) e la seconda vasca ci sarà, se ci sarà, tra almeno due anni. L’idea dei tecnici di Palazzo Rosciano sembra essere brillante: sopraeleviamo le pareti della vasca, così potrà contenere altri fanghi quanto serve. Alla sopraelevazione ha accennato lo stesso presidente Gallanti di recente. Ma a qualcuno è venuto il dubbio: se le pareti attuali della vasca sono allineate con il piano dei piazzali della Darsena Toscana, di cui la superficie della vasca dovrebbe diventare un naturale prolungamento, aumentando l’altezza del contenimento non si creerà una soluzione di continuità dei piazzali? I tecnici rispondono di no, perchè il peso dei nuovi sedimenti abbasserà il tutto e il muro di contenimento andrà trasformato in banchina se davvero dovesse nascere la piattaforma Europa o qualcosa di simile. Tutto bene: però non si è ancora riusciti, in anni di ipotesi e di studi, a consolidare quello che oggi c’è nella vasca, che di fatto è una palude non certo trasformabile in piazzale di sosta con i carichi richiesti dalle pile dei contenitori. Non se ne parla: speriamo che all’interno dell’Authority si sappia che fare, e in tempi non storici. Anche perchè, sempre in termini di dragaggio, i tecnici sanno bene che la bocca sud del porto andrebbe dragata per quantitativo almeno quattro volte superiori a quelli previsti. E altri 300 mila (o più) metri cubi di fanghi non sono facili da piazzare.
Sponda Est – Ovviamente, della Darsena Toscana: il lavoro di banchinamento va avanti, entro la fine dell’anno l’ultimo sospirato modulo dovrebbe essere pronto ad ospitare il Terminal Calata Orlando dei rinfusi (come previsto dal POT) mentre continua ad essere abbastanza incerta la vendita delle aree annesse agli indonesiani dell’olio di palma. Per i quali circolano anche due ipotesi alternative: l’ubicazione nell’interporto di Guasticce, dove avrebbero aree ed eventuali impianti coperti a piacimento (la banchina potrebbe essere in coabitazione con il TCO o con altre nella zona, visto che il loro traffico navale sarebbe abbastanza rarefatto) o l’acquisto delle aree e dello stabilimento che già faceva lavorazioni simili sul canale industriale ed oggi è praticamente fermo. Lo stesso Gallanti, che sugli indonesiani ha inizialmente puntato molto, sembra stia procedendo con la giusta prudenza anche in considerazione delle crescenti resistenze ambientaliste agli oli di palma. Comunque vada, il TCO chiede da tempo di avere un lay-out preciso dell’area che gli è destinata per il trasferimento sulla sponda est, perchè spostare il tutto non si improvvisa.

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Pubblicato il
8 Maggio 2013

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