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La logistica e Geodis Wilson: la sfida in un paese “difficile”

Complessa geograficamente e arretrata su infrastrutture e normative, la nostra penisola è però un laboratorio di soluzioni personalizzate e di formazione – Le speranze nella ripresa mondiale

Emanuele Binaghi

MILANO – Fa parte del quarto gruppo mondiale della logistica, uno dei più dinamici e costantemente in progress. Parliamo di Geodis Wilson Italia, la divisione italiana guidata dal dottor Emanuele Binaghi e che è l’erede storica per i mercati nazionali – e non solo – della Zust Ambrosetti. E a Binaghi abbiamo chiesto una serie di valutazioni sul momento difficile, ma anche aperto a molte speranze, che il mercato nazionale della logistica attraversa. Ecco l’intervista.

Dottor Binaghi, quali sono a suo parere le prospettive del mercato italiano della logistica per la fine di quest’anno e per il 2014?
“Come tutto il comparto mondiale, anche noi stiamo attraversando una fase complessa, con l’import che si è ridotto dalla principale fonte, cioè dal Far East e con l’export in miglioramento ma ovviamente su numeri più ridotti, che comunque cavalchiamo.
[hidepost]La nostra strategia è di spingere specie sui paesi del cosiddetto Bric (Brasile, India, Cina) più gli Usa che stanno registrando una ripresa dell’economia: e in questo senso abbiamo costantemente contatti operativi e di monitoraggio dei flussi con i colleghi di quei paesi, continuando a investire in servizi e risorse umane. Tutto ciò premesso, ci aspettiamo una seconda parte del 2013 ancora complicata, specie perché il governo italiano fa fatica a varare quei provvedimenti concreti che aiuterebbero ad uscire dalla recessione. Per il 2014, che viene indicato come anno dell’inizio della ripresa economica, molto dipenderà anche in questo caso se la riforma “del fare” in Italia sarà davvero in grado di farci agganciare il rilancio globale o si sarà fermata alle parole”.
Dunque i recenti provvedimenti “del fare” a suo parere non sono sufficienti?
“Ritengo che ancora ci sia poco di veramente concreto e in grado di far ripartire l’economia e quanto ne consegue. Sono i tempi in cui si concretizzeranno le decisioni del governo a convincere poco. Vediamo il decreto che dovrebbe sbloccare i crediti del settore pubblico verso le aziende: se lo sblocco fosse stato immediato, sarebbe stata una straordinaria boccata d’ossigeno all’economia del paese. Invece all’annuncio è seguito un complicato scambio di opinioni, di rinvii, di chiarimenti. Inconcepibile che in tempi nei quali sarebbe necessario intervenire con la scure, si continui a “giocare” di fioretto. Mi sembra che sul piano della concretezza dei messaggi forti stia facendo di più Papa Francesco verso la chiesa e la stessa società che non chi ci governa. La politica non si rende ancora conto che il paese reale aspetta risposte urgenti sui problemi vitali e non ne può più di parole né di liti di potere”.
La logistica in Italia sconta una distribuzione delle merci affidata quasi totalmente alla gomma, salvo rare eccezioni (porto di La Spezia). E’ possibile a suo parere riequilibrare, come in altri paesi, verso il ferro?
“Bisogna ricordare che il nostro paese è morfologicamente difficile: molto allungato, con distanze medio-piccole tra aree di produzione, di consumo e gates portuali, e con una nota carenza di infrastrutture di collegamento, specie ferroviarie. Si aggiunga il fatto che buona parte delle imprese sono medio-piccole, quindi con volumi ridotti. Tutto questo non può che penalizzare la ferrovia, perché anche eventuali shuttles sul ferro si giustificano solo con forti volumi. Ne consegue che ancora oggi molti importanti gruppi sono costretti a ricorrere ai Tir per garantire transit-times accettabili, fondamentali specie in periodi come questi in cui le scorte sono ridotte per esigenze economiche”.
L’Italia sta cominciando ad affrontare i problemi dei tempi lunghi delle dogane, con il pre-clearing e l’informatizzazione, i sigilli elettronici, il vostro track&trace, eccetera. E a che punto siamo?
“Ben venga tutto quello che rende più fluido il passaggio delle merci attraverso le dogane, sempre nel rispetto della legalità. Quanto più riusciremo ad avvicinarci agli standards del Nord Europa e degli Usa, tanto meglio sarà. Purtroppo ancora oggi ci sono clienti importanti che dal Far East preferiscono sbarcare a Rotterdam merci destinate ai mercati italiani, pagando un maggior percorso via mare e i costi del trasporto aggiuntivo via terra, proprio per evitare le farraginose pratiche di ingresso via mare nel nostro paese”.
Possibile che sia tanto difficile adeguarsi?
“Tutti ci auguriamo di arrivarci al più presto. Scontiamo purtroppo anche la resistenza di certe lobbies che hanno interesse a mantenere lo status quo”.
La personalizzazione del servizio offerto ai clienti è uno dei vostri “must”, quando altri puntano sulla standardizzazione per contenere i costi. Come siete in grado di ottimizzare entrambe le esigenze?
“Standardizzare i servizi è importante proprio dove è possibile operare con grandi numeri e su direttrici fisse: ma spesso si scontra con la domanda del cliente, che poi è colui al quale dobbiamo dare soddisfazione. E se standardizzare va a scapito della qualità non è la risposta giusta. Specie su un mercato come quello italiano, storicamente polverizzato e dove il processo logistico è caratterizzato da sempre su rapporti di fiducia quasi personali, che richiedono risposte personalizzate. Noi abbiamo ereditato la tradizione di Zust Ambrosetti che proprio su questi rapporti era forte ed apprezzata: e continuiamo quindi a curare i nostri clienti con il massimo dell’attenzione alle loro esigenze”.
Ultima domanda: la formazione del personale, ovvero l’importanza del rapporto umano. Voi investite molto in questo settore…
“E ci teniamo molto a farlo, perché le risorse umane sono e continueranno ad essere l’asse portante di tutta la nostra filosofia operativa: sia a carattere globale che nazionale. Noi facciamo continuamente corsi di aggiornamento, sia di gruppo che di settore ma non solo: ciascun dipendente può autonomamente scegliere da un catalogo di auto-formazione chiamato G-Campus accedendo dalla nostra intranet aziendale e seguendo un percorso di aggiornamento e di specializzazione. In sostanza, e sintetizzando al massimo, ogni dipendente viene incentivato a migliorare la propria qualificazione e la propria professionalità, con tutti i vantaggi personali ma anche per l’azienda che ne derivano. In più curiamo anche una continua “analisi di clima” tra i dipendenti per individuare eventuali problemi, insoddisfazioni generalizzate, cadute di impegno: e per porvi rimedio. Come all’interno di una grande famiglia, cerchiamo che ciascun componente operi con alta preparazione specifica, ma con altrettanta soddisfazione per il proprio impegno”.
A.F.

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Pubblicato il
28 Giugno 2013

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