Il grido di dolore della Marina: si al cambiamento, no al degrado
Il programma di nuove costruzioni è indispensabile e contribuisce anche al Pil nazionale – L’intervento del capo di stato maggiore ammiraglio De Giorgi – Il coordinamento in mare

Giuseppe De Giorgi
LIVORNO – Parafrasando il titolo di un vecchio e amaro libro dell’ammiraglio Jachino, non siamo ancora al tramonto di una grande marina: ma la spending review che travaglia i bilanci dell’Italia e i continui tagli alle forze armate mettono a rischio l’efficienza del nostro strumento sul mare: e così nella cerimonia di apertura dell’anno di studi 2013-2014 dell’Accademia navale, il capo di stato maggiore della marina militare ammiraglio Giuseppe De Giorgi si è appellato in particolare al governo perché “la carenza di risorse non porti a strangolare la forza armata che da sempre, ed oggi più che mai con l’operazione Mare Nostrum nel canale di Sicilia, si distingue anche per i suoi interventi sociali ed umanitari. In momenti in cui l’intero paese fa sacrifici – ha detto l’ammiraglio De Giorgi – la marina accetta la trasformazione, ma non può accettare il degrado”.
[hidepost]Un degrado che si può evitare solo con un serio programma di costruzioni navali e di manutenzione per le navi ancora efficienti sempre più impegnate in logoranti missioni: in un momento come l’attuale – ha ricordato l’alto ufficiale – in cui il Mediterraneo è tornato ad essere al centro di forti tensioni, senza dimenticare che le nostre risorse energetiche arrivano per l’80% ed oltre dal mare.
Alla cerimonia in Accademia Navale, come sempre prestigiosa, molti i rappresentanti delle marine straniere, consoli e addetti navali. Senza però alcun esponente del governo nazionale. Ospite d’onore l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, ex capo di stato maggiore della difesa ed ex ministro della difesa nel dicastero Monti, strettamente in borghese: che nella sua lectio magistralis e rispondendo anche a una domanda di un allievo, si è soffermato sul cambiamento epocale dello strumento marittimo in tutto il mondo, invitando i giovani a non fare resistenza alle innovazioni ma anche a non dimenticare il valore delle tradizioni militari e delle nostre eccellenze marittime.
Il tema del cambiamento, dell’innovazione, della trasformazione e anche della sinergia tra corpi che operano sul mare – sinergie che a bordo delle unità navali dei vari corpi, è stato sottolineato, funzionano splendidamente, mentre trovano qualche resistenza proprio ai vertici – è stato il leit motiv degli interventi degli alti ufficiali, con qualche accenno di mugugno tra le prime file degli ospiti, rappresentanti di tutte le forze armate. E del resto il problema è che le risorse sono sempre meno mentre a dividersele sono in tanti anche sul mare: Marina e Guardia Costiera, Finanza e Protezione civile solo per citarne alcuni. Per quanto riguarda la Marina militare, l’ammiraglio De Giorgi ha ricordato che ogni euro investito sulle sue navi genera un ritorno economico di 3,5 volte al paese, da lavoro ai cantieri, contribuisce non solo al prestigio ma anche al Pil. Da parte sua la Marina fa il possibile per razionalizzare: le sue navi sono sempre più multiruolo, funzionano da centrali operative per le catastrofi umanitarie, vengono progettate da un unico centro studi accentrato a Roma per razionalizzare ogni componente. Insomma, la Marina ha un piano di costruzioni che è il minimo vitale e capisce le esigenze del paese in crisi. Ma il degrado, quello no.
La cerimonia era stata introdotta dall’ammiraglio comandante l’istituto, ammiraglio di divisione Giuseppe Cavo Dragone, che ha parlato delle innovazioni anche didattiche e dei corsi. E c’è stato anche un appassionato intervento del capocorso del 5° anno, il guardiamarina Stefano Reale, che ha invitato i più giovani colleghi a credere nel loro futuro. Conclusa l’assise, ospiti e allievi si sono diretti ai locali del vin d’honneur passando davanti al brigantino interrato per le esercitazioni, che da qualche mese ha gli alberi lapizzati per la manutenzione; e così, con la sua parte aerea che sembra mozza, fa una strana e non piacevole impressione ai tanti che nei decenni vi hanno sudato sopra per i giri di barra.
Antonio Fulvi
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