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Se nei porti si balla con i lupi

MIAMI – La domanda, più che legittima anche logica, a questo punto sembra una sola: davvero vale e deve valere su tutto il principio che “piatto ricco, mi ci ficco”, punto e basta?
[hidepost]In questi giorni qui al salone mondiale delle crociere, lo spettacolo nello spettacolo è stata la guerra senza esclusione di colpi che si stanno facendo i porti italiani per strapparsi l’un l’altro qualche “toccata” di nave in più. Sia chiaro: la libera concorrenza è la garanzia di un mercato corretto e i porti non devono fare eccezione. Però in alcuni casi le perplessità diventano di rigore: specie quando la concorrenza si fa con strutture pubbliche, mobilitando anche risorse pubbliche e infischiandosene bellamente di tutti gli sbandierati impegni di programmazione regionale e interregionale, di visione di sistema, di accordi di programma. Insomma: se i porti fossero aziende private, la guerra che si è sviluppata tra loro per strapparsi le crociere destinate allo stesso bacino territoriale potrebbe forse essere capita, anche se non necessariamente apprezzata: ma visto che sono strutture pubbliche, gestite pubblicamente da Autorità che devono far capo – con i loro programmi triennali e poliennali (POT et similia) – a un ministero di controllo, è davvero tutto lecito?
Le risposte non sono, tuttavia, così semplici come le domande potrebbero far credere. Prendiamo il caso, paradigmatico, che è scoppiato tra Livorno e La Spezia e che qui a Miami si è sviluppato anche con siparietti niente male. Sia il porto livornese, sia quello spezzino, di per se hanno poco da offrire ai turisti delle crociere: puntano entrambi alle città d’arte della Toscana, sia pure con tentativi (di entrambe) di valorizzare anche le perle del territorio. Ma La Spezia si è inserita su quello che sembrava da anni territorio di caccia esclusivo di Livorno (Firenze, Pisa, Lucca) perché Livorno gli ha spalancato la porta: con servizi carenti alle navi, con mancate garanzie di accosto fino a pochi giorni (poche ore) prima dell’arrivo, con sbarchi in banchine commerciali contestate e non attrezzate, persino con offerte in concorrenza con i brokers e le stesse compagnie delle crociere. Il recente intervento dell’Autorità garante della Concorrenza è stato chiaro, anche se al momento non è chiaro quali effetti concreti stia producendo su Livorno. Di chi sia la colpa si vedrà, sono in corso i consueti scambi di accuse. Ma in sostanza: piatto ricco lasciato libero, mi ci ficco.
E La Spezia sta ripetendo con le crociere quello che ha fatto in passato con i containers: la tattica del branco di lupi, che attaccano l’esemplare più debole, o più isolato, o più presuntuoso fino a sfiancarlo e ad abbatterlo. Sulle crociere, in mancanza di una vera autorità centrale capace di programmare e di imporre una programmazione, si balla con i lupi. Con una domanda finale: a chi davvero converrà una tale guerra al massacro?
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
12 Marzo 2014

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